
21/03/11
Corriere della Sera
Aerei militari italiani volano nel cielo della Libia. Dopo la Seconda guerra mondiale era successo già il 1° settembre 2009, ma allora si trattava delle Frecce Tricolori in festa a Tripoli per i 40 anni della presa del potere di Muammar Gheddafi. Da allora molte cose sono cambiate, il colonnello ha preso le armi contro il suo stesso popolo: quella di ieri sera non è stata un'esibizione.
Alle 20 sei Tornado sono decollati dalla base di Trapani Birgi: due erano del tipo «Ids», destinati a rifornire in volo gli altri quattro velivoli, configurati in versione «Ecr» per neutralizzare le difese aeree nemiche. Dopo poco più di un'ora, effettuata l'operazione di rifornimento, i due Tornado Ids sono rientrati alla base; i quattro Tornado Ecr hanno proseguito la missione contro gli obiettivi di terra libici, probabilmente i sistemi missilistici di epoca sovietica SA-6 e SA-8, guidati dai radar, e i missili «Crotale» di fabbricazione francese, che possono essere sparati a vista. Attorno alle 22.30 anche i Tornado Ecr hanno fatto ritorno alla base. In piena polemica politica, mentre il presidente Napolitano ricordava che «l'Italia non è in guerra, sta facendo rispettare una risoluzione Onu», la missione dei Tornado italiani ha segnato l'allargamento della coalizione, nel secondo giorno delle operazioni militari sulla Libia.
Gli Stati Uniti, però, fanno già un clamoroso passo indietro. Dopo le voci di un'irritazione per il protagonismo francese, in tarda serata il segretario della Difesa degli Stati Uniti, Robert Gates, ha annunciato che il Pentagono dovrebbe cedere il controllo delle operazioni militari in Libia a una coalizione guidata dalla Francia, dal Regno Unito o dalla Nato «nel giro di pochi giorni»: «Gli Stati Uniti avranno un ruolo militare nella coalizione, ma non quello predominante». A due giorni dal via alle operazioni, è sempre meno chiaro come coordinare e comandare la missione. Che per gli americani si chiama Odyssey Dawn, per i francesi Harmattan, per i britannici Ellamy, per i canadesi Mobile; gli italiani sembrano per ora preferire l'ombrello anche simbolico di Odyssey Dawn. «Stia- mo ancora lavorando per integrare le forze della coalizione - ha spiegato Laurent Teissère, portavoce della Difesa francese -. Posso però confermare che il luogo scelto da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti per mettere a punto gli interventi è la base militare americana di Ramstein, in Germania». La Francia si oppone a Napoli perché in quel caso sarebbe più difficile prendere le distanze dalla Nato, che Parigi vuole a tutti i costi tenere lontana dal conflitto per non compromettere la possibile partecipazione dei Paesi arabi.
«La prima fase di Odyssey Dawn è un successo», aveva comunque dichiarato ieri pomeriggio a Washington l'ammiraglio Mike Mullen, capo degli Stati maggiori riuniti degli Stati Uniti. La prima ondata di bombardamenti contro la contraerea e i blindati libici ha permesso di ridurre i rischi per i piloti alleati e di stabilire la «no-fly zone» sopra Bengasi. Mullen ha poi spiegato che da oggi, lunedì, comincia la seconda fase: attaccare le linee di rifornimento delle forze fedeli a Gheddafi. I primi risultati sul terreno sono già la riconquista di Ajdabiya da parte degli insorti, e le voci di una ritirata delle forze pro Gheddafi dai dintorni di Bengasi. Dopo le critiche della Lega araba, un successo diplomatico è senza dubbio la partecipazione, a partire da oggi, di quattro Mirage dell'aviazione del Qatar, primo Paese arabo a unirsi agli Occidentali, al quale farà seguito l'intervento degli Emirati Arabi Uniti.
La no-fly zone su Bengasi e stata imposta, le forze libiche hanno smesso di avanzare, e in serata il governo libico, per la seconda volta in tre giorni, ha proclamato il cessate il fuoco. Gli americani, già pronti a un ruolo di secondo piano, ricordano che l'obiettivo non è la caduta di Gheddafi ma la protezione dei civili: potrebbe quindi anche riaprirsi quella «porta della diplomazia» evocata da Sarkozy sabato all'Eliseo. Le reazioni al cessate il fuoco libico sembrano, a questo proposito, significative. Il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini lo prende in considerazione: «Un cessate il fuoco, immediato, effettivo, e rigorosamente rispettato sarebbe il modo migliore per attuare da subito le disposizioni della risoluzione 1973. (...) Si potrebbe così prevenire l'ulteriore perdita di vite umane a cui noi tutti teniamo». Più secco il comunicato di Downing Street: «Le operazioni militari della Gran Bretagna contro Gheddafi continuano». Raggiunto l'obiettivo immediato di fermare il massacro degli insorti, le contraddizioni in seno all'alleanza sono già pronte a esplodere.
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