
Genova. Un ingegnere, Roberto Adinolfi. Ansaldo Nucleare. Pistola semiautomatica Tokarev calibro 7,62. Agguato sotto casa alle 8,10 del mattino. Un colpo alla gamba. Una moto, due persone a volti coperti. «Tecnica brigatista», spiegano fonti della sicurezza.
Il 7 maggio 2012, la città simbolo assieme a Milano e Torino del vecchio "triangolo industriale", riapre una contabilità che pareva ormai sepolta dalla storia. Accade mentre si vota, nel pieno di una stagione, europea, nazionale e locale, di crisi.
Meno di due mesi fa, parlando nella sede di Ansaldo Energia, l'azienda del gruppo Finmeccanica che controlla Ansaldo Nucleare, il capo dei Vescovi, l'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, aveva detto che «si respira un clima, un'aria, non sempre tranquillizzante». Ed aveva visto giusto. Un alto dirigente d'azienda, Genova, l'Italia tutta sono stati "gambizzati". Non poteva esserci risveglio peggiore per tutti.
Ad indagini appena aperte e in assenza di una credibile rivendicazione dell'agguato non possono essere tirate considerazioni definitive. Tuttavia è impossibile scacciare l'impressione che a via Montello, nel quartiere di Marassi, il terrorismo - vedremo di quale esatta matrice- non abbia lasciato le sue impronte.
Gli inquirenti parlano di "atto terroristico". Due parole che sommate ad altre due, "tecnica brigatista", paiono dirci tutto o quasi e rompono gli argini della memoria. Genova (e l'Ansaldo, una sua azienda storica in cui quattro dirigenti sono stati vittime di attentati) è anche sotto questo profilo una città-simbolo. Molti sono stati i morti, i "gambizzati", i sequestri di persona. Quello del magistrato Mario Sossi fu il primo rapimento politico. A Genova operò armi in pugno il gruppo XXII Ottobre (la foto dell'assassinio del portavalori Alessandro Floris aggrappato ad una Lambretta fece il giro del mondo). A Genova furono uccisi nel 1976 il magistrato Francesco Coco e la sua scorta (primo assassinio politico), il commissario capo dell'Antiterrorismo Antonio Esposito, il colonnello dei Carabinieri Emanuele Tuttobene e la sua scorta. In una Genova livida fu in pratica lasciato solo e poi trucidato, nel gennaio 1979, il sindacalista ed operaio dell'Italsider Guido Rossa, colpevole, agli occhi delle Br, di aver denunciato il fiancheggiatore Francesco Berardi.
Genova è stata insomma una terra di frontiera, e di tristi primati, negli "Anni di piombo". Un caso nel caso della lotta armata in Italia: quella di sinistra iniziò proprio nel capoluogo ligure il 5 ottobre 1970 con il rapimento dell'imprenditore Sergio Gadolla per mano del gruppo XXII Ottobre.
Una pistola russa Tokarev (un'arma di questo tipo è stata sequestrata alla Sacra Corona Unita due mesi fa a Lecce) non è peraltro un'arma qualunque. Considerata affidabile perché a scarsissimo rischio d'inceppamento, una pistola gemella di quella che ha sparato ieri contro Adinolfi fu trovata addosso ad un militante di Prima Linea a Milano nel 1981. Nel 1990 un mitra Tokarev venne invece rinvenuto nel covo brigatista di via Montenevoso a Milano. Accanto, in una borsa, c'erano diversi milioni di lire in banconote frutto del riscatto dell'imprenditore genovese Pietro Costa, sequestrato dalle Br nel 1977. A Genova.
Un colpo a freddo e alle spalle non fa un teorema investigativo né tantomeno un teorema politico-sociale. Ma il fatto che un manager e una città-simbolo come Genova siano stati feriti, nel pieno di una stagione di crisi profonda, nel giorno in cui erano aperte le urne deve comunque far riflettere. E far evitare, prima di tutto, qualsiasi sottovalutazione.
Le parole formali di sdegno, così come gli scioperi o gli scontati richiami ad abbassare i toni, non servono. Serve invece, oltre ad indagini tempestive ed esaurienti, una prova di responsabilità, politica e civile, che il Governo e tutte le forze sociali e politiche hanno il dovere di mettere in campo per circoscrivere le difficoltà e per evitare il riproporsi di un clima sociale teso e divisivo, dove la conta dei "nemici" può tradursi in obiettivi da colpire.
L'allarme che è suonato a Genova è forte, molto forte.
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