
Angela Merkel è di nuovo sotto attacco. Obama la vuole vedere prima del summit d’urgenza con gli altri leader europei che non figura nemmeno nell’agenda del G20. La Cancelliera è nervosa. C’è molta più tensione qui sulle spiagge di Los Cabos che tra i boschi di Camp David per il G8 un mese fa. Il voto in Grecia giudicato da tutti con favore da solo non basta.
I mercati reagiscono male e non si fidano, così di prima mattina il presidente americano chiede e ripete con tono asfissiante «È ora di agire, dovete muovervi».
Quell’ordine da professore di Harvard «che in economia non ha finito nemmeno lui i compiti a casa» non piace né a Barroso né a Monti, né a Hollande e nemmeno alla Cancelliera tedesca che in qualche modo si ricompattano in una piccata risposta d’orgoglio rivendicando diritti e autonomia dell’Unione Europea e rifiutano il bollo di sorvegliati speciali.
«Le riforme chiedono tempo», dice nel suo intervento pacato il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy, ma è molto più secco Manuel Barroso quando rispondendo ad un giornalista dice «non siamo qui al G20 per prendere lezione di democrazia e nemmeno di gestione dell’economia…». La tensione fra i diversi leader dell’Unione impegnati da settimane in una incessante e paziente azione di convincimento sulla Merkel è palpabile.
Probabilmente vogliono risparmiare alla Cancelliera che dovrà essere loro partner al momento delle importanti decisioni del vertice Ue di fine mese una «tirata d’orecchi» da parte di Obama per aver agito con poca tempestività e troppa rigidità. Non è un caso se la Merkel striglia anche il suo ministro degli Esteri che si era spinto a concedere «più tempo» alla Grecia purché rispetti i parametri del rigore sui quali si era impegnata per rimanere nell’Euro. L’Europa vuole un’azione concordata e non si sente comoda ad agire sotto dettatura. Il comunicato finale del summit è già pronto e nella sua generosa e desolante vaghezza dice: «Il G20 si impegna a prendere tutte le misure necessarie per rafforzare la crescita economica e creare posti di lavoro».
Il come viene lasciato per ora in bianco prima del summit della notte, ma un riferimento a maggiori aperture dei mercati per favorire produzione ed esportazioni e a un più forte coordinamento delle politiche finanziarie e fiscali diventa l’idea condivisa e accettata a livello globale.
La Cina per ora silenziosa fa sapere che insieme al Brasile è pronta a incrementare il capitale del fondo monetario internazionale ma non dichiara ancora la portata del suo atteso contributo. Sono in tanti a volerlo conoscere, mentre la Lagarde avrebbe intenzione di «aggiornare» la sua governance per far spazio ad attori importanti come la Cina lasciati per troppo tempo ai margini.
Di poveri, di fame e di sicurezza alimentare non si è ancora parlato. Lo faranno a tavola col segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon che è venuto a Los Cabos per premere su questo punto nella speranza che il G20 diventi anche il traino operativo per la conferenza di Rio+20 che inizia giovedì in Brasile.
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