
Il dilemma di Amleto – essere o non essere – è spesso letto in chiave intimista ed esistenziale. Ma è lo stesso Amleto a ricordarci, nel celebre monologo, come le sofferenze inflitte dalla società brucino più di quelle dello spirito. Come i torti subìti dall'oppressore, le offese dell'arrogante, i ritardi della legge, l'insolenza dei pubblici poteri, il disconoscimento del merito da parte degli incompetenti sovrastino per numero e dimensione le pene che sono inflitte allo spirito e al corpo dall'amore non corrisposto e dalla tarda età. Insomma, un moderno Amleto avrebbe detto in modo più prosaico che l'infelicità dell'uomo è dovuta al cattivo funzionamento delle istituzioni.
Oggi le analisi della new comparative economics e le rilevazioni sulla qualità delle istituzioni condotte da organismi multilaterali quali Banca mondiale e Ocse, e da enti quali Transparency International, World economic forum o Eurobarometer hanno documentato come la crescita economica sia ostacolata dal cattivo funzionamento di quelle stesse istituzioni cui Shakespeare attribuiva, quattrocento anni prima per bocca del giovane principe, la responsabilità della sofferenza umana: la cattiva amministrazione della giustizia ("the Law's delay"), la corruzione e l'abuso dei pubblici poteri ("the Oppressor's wrong"), l'uso della regolamentazione a fini privati ("the insolence of Office"), la prevaricazione del talento ("the Spurns that patient Merit of the unworthy takes").
La ricerca delle cause del malessere civile e dell'impoverimento economico porta l'osservazione letteraria e l'analisi economica a una diagnosi comune: il cattivo funzionamento delle istituzioni. E la storia mostra che quando le istituzioni si rinnovano, come avvenne alla fine dell'ultima guerra con la trasformazione democratica delle istituzioni totalitarie dei tre grandi Paesi sconfitti, la ripresa di sviluppo e ottimismo sociale è contestuale ed è fonte di veri "miracoli economici". Quando, invece, come nella recente esperienza italiana, una maggioranza generazionale - in questo caso quella dei baby boomers - si arrocca a difesa di diritti che ritiene stabilmente acquisiti, l'ammodernamento delle istituzioni langue e crescono di pari passo malessere sociale e impoverimento economico.
Con effetti così positivi su crescita e benessere com'è dunque possibile che il rinnovamento istituzionale rappresenti l'eccezione e non la norma? Tre elementi giocano contro l'ammodernamento delle istituzioni: la complessità (il quadro istituzionale è multidimensionale), l'invisibilità (le istituzioni sono immateriali), l'ostilità dei percettori di rendite di posizione.
Alla complessità rispondono due economisti di punta della new comparative economics, Acemoglu e Robinson, che riducono le istituzioni a "estrattive", quelle che "estraggono" ricchezza collettiva per convogliarla verso usi e interesse privati e sono causa d'impoverimento, e "inclusive", quelle che catalizzano il contributo dei soggetti più innovativi e promuovono lo sviluppo. Estrattiva è l'amministrazione della giustizia quando il ritardo del giudizio ("the Law's delay") si traduce nella difesa “dal” processo, favorendo ingiustamente chi viola la legge, per esempio, tutelando il debitore insolvente e sottraendo (estraendo) risorse al finanziamento di nuovi progetti. Estrattiva per antonomasia è la corruzione che simultaneamente sottrae risorse agli usi legittimi, depreda il capitale sociale della pubblica amministrazione e azzera gli investimenti esteri. L'indicatore della corruzione ci vede ben lontani dalla media Ocse e all'estremo opposto della virtuosa Danimarca, forse per effetto di una tradizione – prìncipi e princìpi – che risale piuttosto a Cesare Borgia che ad Amleto. Preoccupa, soprattutto, l'ulteriore peggioramento dell'indicatore nel decennio scorso e la contestuale frenata della crescita e degli investimenti diretti esteri. Estrattivo è infine l'uso distorto delle regole quando, per incuria o per disegno, esse non tutelino ma ostacolino la contendibilità dei mercati e la mobilità sociale. Rientrano in questa categoria le regole che governano l'attività delle imprese – oggetto del recente rapporto "Doing Bbsiness" della Banca mondiale -, ma anche quelle che tutelano la qualità dell'istruzione e il merito.
C'è poi la scarsa visibilità a frenare l'ammodernamento delle istituzioni. Come si può apprezzare il cambiamento di ciò che non si vede? In passato, il cambio di un'istituzione era sotto gli occhi di tutti solo in circostanze eccezionali come la fine di una guerra o un cambio di regime. Oggi è diverso. La misurazione della qualità delle istituzioni ha compiuto progressi che consentono di documentare con precisione gli effetti di una riforma anche in condizioni di normalità, con il duplice beneficio che il motore del consenso è sempre più sensibile alle riforme istituzionali e che le rendite di posizione - il terzo e più serio ostacolo alle riforme istituzionali – risultano più esposte e meno facilmente difendibili.
Da ultimo c'è una considerazione d'urgenza, perché i Paesi con assetto istituzionale peggiore di quello dei loro omologhi – e il nostro rimane abbondantemente sotto la media europea e Ocse, nonostante il recente miglioramento degli indicatori "Doing business" - si depauperano rapidamente. Emigrano i giovani in cerca di migliori opportunità d'istruzione e lavoro, gli imprenditori in cerca di minori costi di esercizio, gli investitori di rischi più contenuti.
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