
Gianfranco Fini ha rotto gli ormeggi e ha messo in mare aperto una scialuppa pericolosa per la navigazione del governo Berlusconi. «Ci sono dei momenti in cui bisogna guardarsi allo specchio e decidere se si è disposti a rischiare. Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee o non valgono nulla o non vale lui». Il presidente della Camera ha citato un aforisma di Ezra Pound per spiegare a quei parlamentari che hanno risposto alla sua chiamata che è arrivato il momento di osare. Non importa sé «ora verremo indicati come dei "traditori". Nella maggior parte dei casi i traditori vanno cercati tra chi dice che tutto va bene e poi critica alle spalle. Io sono a posto con la mia coscienza, e adesso spero che si torni a parlare di politica». Fini non ha intenzione di stare zitto e nemmeno di «togliere il disturbo», creando gruppi parlamentari autonomi e abbandonando il Pdl. Sarà una spina nel fianco del premier con l’obiettivo di contrastare l’avanzata della Lega, «ormai il dominus» della maggioranza, pur considerando Bossi un «alleato strategico, leale e importantissimo». Vanno però riequilibrati i rapporti di forza e mettere in cima all’agenda del governo le questioni del Sud. «Non è una riproposizione dei miei attriti con Tremonti. Al contrario, Tremonti è un ottimo ministro che ha fatto un ottimo lavoro. Senza di lui avremmo fatto la fine della Grecia».
Si apre una fase nuova, un confronto aperto nel Pdl, che è «un progetto politico riuscito solo in parte». E «chi avrà più filo da tessere tesserà», ha spiegato Fini nella riunione che si è svolta ieri a Montecitorio. Ora si tratta di vedere se Berlusconi accetterà il dissenso organizzato e che verrà alla luce nella direzione di giovedì. Un dissenso che può essere quantificato nel 10% dei parlamentari. Il fixing della sua corrente è di 53 parlamentari (39 deputati e 14 senatori) più 5 europarlamentari. Le truppe del presidente della Camera potrebbero crescere con l’arrivo di Beppe Pisanu, presidente dell’Antimafia, del Radicale Benedetto Della Vedova, e dei senatori Fedele Sanciu ed Enrico Musso.
Ma non tutti i 53 parlamentari che ieri hanno firmato un documento in cui si esclude la scissione e si chiede di affrontare le questioni poste da Fini, sono disposti a cristallizzarsi in una corrente. Non lo sono Amedeo Laboccetta: «Caro Gianfranco, il presepe non mi piace! Ho firmato il documento, ma non è necessario organizzare una componente». Dello stesso avviso Roberto Mania, Pasquale Viespoli, Agostino Ghiglia e Marcello De Angelis. Questi ultimi due hanno firmato pure il documento anti-finiano dei colonnelli ex An.
Sono 75 i parlamentari che hanno sottoscritto il documento voluto da La Russa, Matteoli, Gasparri, Alemanno e Meloni per dimostrare di avere in mano la golden share della vecchia destra. «Il controcanto di Fini a Berlusconi - osserva Osvaldo Napoli deve fare i conti con la "controconta" dei 75 ex An». Fini è convinto che molti di loro sono d’accordo con lui, «ma ufficialmente non vogliono che si sappia». Per La Russa questa vicenda porta comunque a una «frammentazione del Pdl», utile alla sinistra e che «fa sorridere anche la Lega». La sua preoccupazione è che la conflittualità di Fini sia una strada senza ritorno. Rimanendo nel partito con una posizione anti-Lega, Fini vuole essere la calamita di tutti coloro, anche tra i berlusconiani, che soffrono il protagonismo di Bossi, che proprio ieri ha ottenuto da Berlusconi gli assessori all’Agricoltura in Veneto, Lombardia e Piemonte. Il presidente della Camera ha dimostrato di non essere isolato e di avere i numeri per tener in piedi o paralizzare la maggioranza. Le nostre truppe, dicono i finiani, sono sufficienti a portare avanti una guerra di posizione in Parlamento contro i provvedimenti su cui non c’è accordo, come è già accaduto al Senato sulla Finanziaria.
Gli ex colonnelli, spiegano ancora i fedelissimi di Fini, quando hanno capito che Fini non sarebbe uscito dal Pdl, hanno cercato con il controdocumento di difendere le loro posizioni. «Ma nonostante gestiscano la quasi totalità delle cariche - osserva il senatore Andrea Augello - hanno messo insieme solo il 20%. Non è certo un trionfo».
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