
02/12/10
Avvenire
Non approfittare della disperazione di un uomo, per fare uno spot pro-eutanasia. Paola Binetti, intervenendo ieri nell’aula della Camera, frena la radicale Rita Bernardini che trae spunto dal suicidio di Mario Monicelli, per perorare il cosiddetto "diritto di morire" (mentre in contemporanee dichiarazioni radiofoniche un’altra parlamentare radicale, Maria Antonietta Farina Coscioni, osava addirittura proporre come esempio di eutanasia la morte di Papa Giovanni Paolo II). La deputata dell’Udc, neuropsichiatra infantile, ricorda che il regista «aveva tra l’altro come stigma della sua vita il suicidio di suo padre».
Ma è l’ex segretario del Pd, Walter Veltroni, a tirare la volata all’exploit della Bernardini. «Era un uomo coerente e anche l’ultimo atto della sua vita gli assomiglia si esprime il politico-scrittore. Ha vissuto, non si è lasciato vivere e non si è lasciato morire. Ha deciso di andarsene. Era un italiano con la schiena dritta».
Più esplicita la ricaduta politica voluta dalla Bernardini: «Quest’aula dovrebbe riflettere su come alcune persone che non ce la fanno ad andare avanti sono costrette a lasciare la vita invece di morire vicino ai propri cari con la dolce morte». «L’elegia del suicidio», è il commento del pidiellino Enrico La Loggia. Il collega di gruppo Domenico Di Virgilio si associa alle sue considerazioni e a quelle della Binetti sul valore della vita. «Guai se prevalesse la formula della qualità della vita. Vogliono ripristinare la Rupe Tarpea per i disabili o per chi non produce?», chiede Di Virgilio.
Se una personalità di quel livello, argomenta La Loggia, ha vissuto l’emarginazione, «figuriamoci poi tante altre persone che si trovano spesso abbandonate, senza familiari, senza speranza e senza nessun supporto». Compito del Parlamento, conclude l’esponente del centrodestra, è «spingere tutti a gesti di solidarietà e di pietà umana nel senso più nobile». Mai al suicidio, sempre alla possibilità di continuare a sperare.
Anche per la leghista Erica Rivolta è inaccettabile che dai banchi di Montecitorio «si possa fare uno spot sulla libertà di scegliere di morire». La esponente del Carroccio invita a combattere «una delle malattie più insidiose»: la depressione, che anche «nelle scuole, investe le famiglie, i docenti e addirittura i bambini».
Paola Binetti nel suo intervento ricostruisce il dramma umano di Monicelli: «Una persona anziana e sola, con rapporti interpersonali interrotti»». In un convegno sulla Terza età tenutosi martedì alla Camera, ricorda Binetti, Pupi Avati ha raccontato la solitudine e la paura del buio, che l’artista aveva, e la «rarefazione della qualità dell’amicizia e della qualità del sostegno» che subiva.
«Monicelli è morto solo, perché lo abbiamo lasciato solo e perché lo hanno lasciato solo i suoi amici - aggiunge la ex presidente di Scienza&Vita -. Quel gesto di disperazione è un gesto di solitudine, maturato in un grande ospedale romano, dove era ricoverato». Forse non ci si è accorti di quanto era depresso. Circostanze che devono richiamare tutti «a un modo diverso di intendere la medicina, di accogliere il malato e a una capacità di guardarlo non soltanto per quella che è la patologia, ma anche per quella che è la solitudine di uomo».
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