
Un limite massimo di 10 nati per donatore, con la possibilità per la coppia che abbia già avuto un figlio da eterologa di averne altri dallo stesso genitore biologico. E interventi inseriti nei Livelli essenziali di assistenza - quindi a carico del Ssn (invia gratuita o pagando il ticket) - ma soltanto per le "riceventi" fino ai 43 anni d’età. Le altre donne in età fertile (dai 44 ai 50 anni) pagheranno di tasca propria. Ancora: paletti sull’età dei donatori, anonimi salvo necessità mediche del nato.
Questi i contenuti principali del documento tecnico licenziato ieri all’unanimità dagli assessori regionali, che oggi passa al vaglio prima dei governatori e poi della Conferenza Stato-Regioni. Una linea di indirizzo comune, sollecitata dal presidente della Conferenza Sergio Chiamparino, che ha benedetto il testo della commissione Salute come «un deciso passo in avanti per rendere effettivo l’esercizio di un diritto che è di tutti i cittadini». L’obiettivo dichiarato era infatti mettere a punto indicazioni unitarie che scongiurassero - come richiesto dalla sentenza 162/2014 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto di eterologa imposto dalla legge 40/2004 - il far west di regole sul territorio nazionale. E intervenissero a regolamentare la materia in attesa di un’eventuale legge di cui la ministra della Salute Beatrice Lorenzin continua a sostenere la necessità, come «unica risposta adeguata a recepire le direttive Ue e per poter effettuare in sicurezza una pratica che riguarda bambini che nasceranno e che devono avere una sicurezza pari agli altri». Ma intanto, ha tenuto a precisare Lorenzin, «le regioni fanno bene a lavorare insieme, in modo che non ci siano disparità fra una e l’altra».
Il testo messo a punto ieri, che una volta approvato andrà recepito da ogni regione, ricalca la delibera adottata a luglio dalla Toscana. Arrivata prima a rompere gli indugi rispetto al dibattito tra i fautori di una legge sull’eterologa e quanti, al contrario, negano l’esistenza di vuoti normativi da riempire. «In attesa che il Parlamento decida, soprattutto sugli aspetti etici, ci siamo dati uno strumento per andare avanti. La nostra delibera era anche più cauta - ha spiegato l’assessore toscano Luigi Marroni - ma siamo stati i primi, ci avventuravamo in un campo inesplorato e volevamo essere inattaccabili».
Rispetto a quanto previsto in Toscana - dove proprio oggi al "Gareggi" di Firenze partono le prime visite per le coppie che hanno chiesto l’eterologa - il testo delle regioni allarga le maglie sul tetto ai nati per donatore: io rispetto ai 6 previsti dalla giunta di Enrico Rossi. Al contrario, se la Toscana fissa a 50 anni il limite d’età per i 35 anni per le donne. È poi previsto un registro regionale di donatori, che rimarranno anonimi e che si impegnano a donare solo in una regione. L’indicazione data è di non accogliere richieste specifiche della coppia su precise caratteristiche del donatore (dal colore degli occhi a quello dei capelli) e di evitare - dall’altra parte - che il nascituro possa presentare tratti troppo difformi da quelli dei futuri genitori.
Le linee guida, che gli stessi assessori hanno battezzato come un «bel segnale politico di unità», non bastano però a gettare acqua sul fuoco delle polemiche. «Senza una legge - ha spiegato Eugenia Roccella, deputata Ncd e storica paladina della legge 40 - non è possibile né ottenere una tracciabilità completa donatore-nato né evitare donazioni inconsapevoli tra consanguinei». Di tutt’altro avviso Filomeno Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni: «La ministra della Salute aggiorni le linee guida sulla legge 40, unico adempimento a lei richiesto sia in virtù di legge che in base alla sentenza della Consulta. E provveda ad aggiornare davvero i Lea, da cui oggi sono escluse infertilità e sterilità, patologie ancora non riconosciute che vedono, solo grazie ai fondi stabiliti dalla legge 40, l’applicazione delle tecniche di Pma nelle strutture pubbliche».
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