
“Emma è agitatissima”. A lasciarsi sfuggire queste tre parole è una sua amica uscendo per un attimo dalla stanza nella quale, lei, la Bonino, si è chiusa da tempo. Intorno, invece, gli uomini di partito - avvezzi, più degli amici, alle attese elettorali - si sforzano di raccontare una Bonino tranquilla.
Ma quello stato d’animo confessato dall’amica è più che lecito. Questo è davvero un giorno importante per Emma e per i tanti radicali che hanno fatto la corsa con lei e che ora aspettano la prima, grande vittoria dai tempi dei referendum. Ormai trent’anni fa.
Il divorzio nel 1974, sette anni dopo l’interruzione di gravidanza: due vittorie storiche che portano impresso il marchio dei radicali. Poi, però, un po’ per scelta, un po’ perché i tempi sono cambiati, i radicali iniziano a saltare qualche giro. Certo, la Bonino ha una qualche consuetudine con i ruoli istituzionali. E’ stata un apprezzato ministro e un altrettanto unanimemente apprezzato commissario europeo. Fu anche candidata al Quirinale. Furono gli anni - in particolare il 1999 - nei quali una lista a lei intestata ottenne un clamoroso exploit alle europee. Eppure, è proprio quella che si è consumata in queste ore la vera battaglia di una vita dai tempi dei referendum.
Lei al quartier generale di Trastevere arriva alle 15. «Tutto bene—, dice poi si infila nella sua stanza dove si tiene informata su tutto ma non parla. Di tanto in tanto —alza un sopracciglio», raccontano i suoi. unica reazione evidente alle notizie in arrivo. Poi, quando ormai è sera ed è chiaro che si tirerà fino alla mattina, se ne va «per un break—. Ma non cambia molto: per tutto il giorno il comitato elettorale è presidiato sopratutto dagli uomini del Pd. Ci sono Silvio Di Francia e Lionello Cosentino. C’è Luca Petrucci, poi Michele Meta. Gli altri arriveranno tutti dopo le 18, quando è chiaro ormai che la battaglia si gioca altrove e che Roma ha tatto il proprio dovere. E non mancherà, allora, qualcuno che si lamenta perché, dice, la Bonino avrebbe fatto «corsa per sè», dando la sensazione che Pci e Radicali corrano da separati in casa.
Ma intanto al comitato si vive come in una bolla: la stanchezza per il lavoro appena concluso si tocca con l’attesa per il risultato. E si intrecciano telefonate d’ogni tenore. Sembra che a Muratella vinciamo», dice qualcuno, e il tono è quello rassicurante di chi tiene in gran conto quel seggio, paragonabile a quelli sui quali il vecchio Pci riusciva a ricostruire il voto anticipando sempre il Viminale. E poi, il II Municipio, addirittura Formia, forse.
Quindi, arriva il momento del «moderato ottimismo„ per l’andamento del voto a Roma che sembra poter compensare il cattivo risultato soprattutto di Latina, terra di bonifiche e di fascismo di primo pelo, e di Frosinone, un tempo feudo di Andreotti ed Evangelisti. Pochi voti di differenza in tutto. E lo spettro dei ricorsi sullo sfondo. E del ritorno in tribunale in caso di un risultato giocato voto su voto.
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