
C'era un grande assente nel dibattito sull'amnistia: il principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale. Ieri, al convegno nella sala Zuccari, Marco Pannella ha colmato la lacuna. È questo, infatti, uno dei due fuochi intorno ai quali orbita, da anni, la battaglia radicale sulla giustizia. L'altro è quello dell'applicazione del principio della "sussidiarietà del diritto penale", in base al quale, come si legge in una proposta elaborata da Giuliano Pisapia, nessuno può essere «punito per un fatto che non offenda beni giuridici di rilevanza costituzionale». Le due questioni non sono scindibili.
Nella gran parte delle democrazie occidentali, l'azione penale non è obbligatoria e, dunque, il governo ha la titolarità della politica criminale, in quanto decide se e come avviare l'azione penale. Ciò significa che il fenomeno - ormai, di dimensioni planetarie - dell'"espansione del potere giudiziario", non lede l'autonomia della politica. In Italia, invece, il governo non può decidere in che modo sviluppare la repressione dei reati, il che porta le maggioranze parlamentari a tentare di rispondere alle domande di sicurezza e giustizia, attraverso l'introduzione di nuove figure di reato per ogni allarme sociale - dal consumo di droga al razzismo degli ultrà, dall'immigrazione clandestina all'omofobia - con effetti devastanti sul sistema delle garanzie e sull'equilibrio tra i poteri. Per la repressione di quei fenomeni sociali, infatti, il Codice basta e avanza.
Le nuove norme hanno un effetto di "ridondanza" e, dunque, producono incertezza giuridica, riempiono le carceri, indeboliscono ulteriormente la politica e rendono ancora più baldanzosi i pubblici ministeri.
Insomma, se la politica criminale non è "governata", è molto difficile applicare il principio della sussidiarietà del diritto penale. Il che, alla lunga, incide negativamente sulla stessa "potestà punitiva" dello Stato, rendendo obbligatorio il ricorso all'amnistia.
Questo ci pare essere uno dei significati (a nostro avviso, il più profondo) della battaglia di Pannella: non si tratta solo di liberare alcune centinaia di persone da condizioni di vita che offendono la dignità umana, ma anche di scuotere il "Politico", il cui primato è seriamente minacciato dalla sua riluttanza ad affrontare radicalmente (è il caso di dirlo) i nodi della giustizia, dal panpenalismo all'obbligatorietà dell'azione penale.
Professore di Diritto Comparato - Università Kore Di Enna
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