
23/04/10
Il Riformista
E La cravatta rosa salmone. Usata nelle giornate più importanti. Come il primo giorno da presidente della Camera. E poi i fogli della rassegna stampa di Montecitorio. Sul cui dorso ha fissato i punti di uno dei discorsi più importanti della sua carriera politica. «Giochiamo a carte scoperte - dirà a un certo punto dopo aver riservato un solo applauso al discorso del presidente del consiglio. Perché è la prima volta che non parliamo a quattr’occhi, ma di fronte alla nostra gente». Sono tanti i particolari con cui si potrebbe descrivere l’intervento di Gianfranco Fini durante la direzione nazionale del Popolo della Libertà. Una giornata storica per tutto il partito del Cavaliere, iniziata all’una di pomeriggio, quando va in onda il Tg5. Diversi gli argomenti su cui il presidente della Camera ha voluto insistere, dalla competizione con la
Lega Nord nelle regioni settentrionali, fino alla riforma sulla giustizia. Dalla battaglia sulla legalità, fino alla situazione interna al partito, con particolare attenzione a temi come immigrazione e riforme costituzionali. Partito. «Credo che questa riunione sia utile, necessaria, indispensabile per fare chiarezza.
Ce n’è necessità, per il doveroso rispetto che ognuno deve a se stesso e tutti insieme dobbiamo agli italiani». Incalza da subito Fini, aggiungendo in seguito: «Francamente anche nella regia dell’avvio dei lavori c’è un atteggiamento un po’ puerile di chi vuole nascondere la polvere sotto il tappeto». In questa chiave, «la mia volontà non è quella di sabotare: la mia volontà è quella di migliorare la qualità politica del partito e quindi quella del governo.
Una politica che è già meritevole di grande ammirazione certo, ma ora cerchiamo di discutere come farlo funzionare questo partito, cerchiamo di discutere oggi che non c’è più la logica del 70 a 30». Queste le parole sulla condizione interna del Pdl, con un avvertimento al presidente del Consiglio. «Berlusconi farà quello che vuole - dice - Ma deve prendere atto che qualcosa è cambiato. Spetta a lui, a me non interessa: è lui il presidente del partito. In ogni caso, discutiamone, perché in una delle più grandi regione italiane, da un anno e tre mesi, convivono due partiti, il Pdl e il Pdl Sicilia. E il Pdl Sicilia non è guidato da un eretico amico di Fini, ma da un uomo del governo Berlusconi». In sostanza, Fini dice di non volere «una corrente finalizzata a quote di potere. Si tratta di altro, di animare un dibattito e un confronto che non può che fare bene». E - quasi rispondendo alle stesse parole espresse da Berlusconi il giorno prima - avverte: «Non ho difficoltà a ricordare che anch’io ebbi a definire le correnti una metastasi».
Infine, sempre rispetto al partito, Fini attacca duramente il premier sul caos liste nel Lazio: «Ma credi veramente che la lista non sia stata presentata per un complotto di magistrati cattivi e di Radicali violenti?». Giustizia e legalità. «Qui spero per davvero che le parole non tradiscano il pensiero», anticipa Fini, sapendo di affrontare un campo minato per i berlusconiani. E, infatti, la contestazione più decisa la riceverà proprio in questo frangente. «C’è la questione connessa alla legalità - avverte l’ex ministro degli Esteri Che vuol dire certamente andare fieri di quello che le forze dell’ordine fanno, ma la difesa della legalità significa qualche cosa in più. E certamente indispensabile nel programma riformare la giustizia, combattere la politicizzazione della magistratura, ma non si può dare l’impressione che la riforma sia tesa a garantire sacche maggiori d’impunità. Lo so che non è così, ma qualche volta l’impressione esiste». Infine, il racconto di uno dei tanti retroscena: «Ti ricordi le litigate a quattr’occhi che abbiamo fatto sul processo breve? Quella era un’amnistia mascherata: e allora mi devi dire che cosa c’entra la riforma della giustizia se poi passano messaggi del genere». Riforme costituzionali. «Le riforme servono, Lega o non Lega - avverte Fini, dando massima priorità alla modifica del Titolo V della Costituzione - perché rischiamo un contenzioso enorme se non risolviamo le competenze tra Stato e Regioni». Nello specifico, «le riforme devono essere il più condivise possibile, ma come faccio a condividerle se non so qual è la posizione del Pdl?». In ogni caso, aggiunge il numero uno di Montecitorio, «non voglio polemizzare con Calderoli "piè veloce": questo è un dettaglio. Quella è la bozza di Calderoli.
Ma io sono il bastian contrario se chiedo quale è la bozza del Pdl? Vogliamo tradurre in una proposta le nostre intenzioni? Il compito del maggior partito di governo, che vuole trasformare questo paese, è quello di dare agli altri le bozze su cui si discute, non prenderle e dopo discuterne, come fossero cambiali che devono essere onorate».
Immigrazione e Lega Nord. «E’ eretico dire - si domanda ancora Fini - che io non mi ritrovo nei valori del Partito popolare europeo, nel rispetto della dignità della persona umana, quando sento dire che i medici
devono fare la spia sugli immigrati clandestini?». Riferimento esplicito alla polemica sul pacchetto giustizia proposto dal ministro dell’Interno Roberto Maroni lo scorso anno. «Non sono bugie. Sono problemi che rischiamo di correre e su cui si confrontano i nostri amministratori, perché alcune questioni vengono affrontate in modo incauto».
Quindi l’interpretazione del travaso di voti dal Pdl alla Lega nelle regioni settentrionali. «Non credo - avverte il presidente della Camera - che nel Nord il rapporto Pdl e Lega sia cambiato per alcuni eretici intellettuali vicini a Fini. Io do un’altra lettura. Sono mesi che lo vado dicendo: al Nord siamo diventati la fotocopia della Lega. Qual è la nostra bandiera identitaria al Nord? Vi risulta che abbiamo lanciato alto e forte il messaggio di abolire le province, che era nel programma elettorale?», insiste Fini, riconoscendo nel Carroccio «un alleato serio», ma che «non ha e non deve avere i medesimi valori del Popolo della Libertà».
Unità d’Italia e federalismo fiscale. Il federalismo fiscale, senza gli antidoti collegati alla cultura nazionale, rischia di metterne a repentaglio la coesione. Per questo motivo, il Pdl deve avere un ruolo attivo non soltanto a livello di governo, ma soprattutto per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Questo in sintesi il pensiero finiano rispetto al federalismo fiscale, unito ai festeggiamenti del prossimo anno. Fini cita i titoli della Padania («L’unità è un relitto storico da riattualizzare attraverso il federalismo»), e riconosce che senza «la stella polare dell’identità nazionale», non si va da nessuna parte. In questo senso, «servirebbe una commissione formata dai nostri governatori del Sud e del Nord».
Lega Nord nelle regioni settentrionali, fino alla riforma sulla giustizia. Dalla battaglia sulla legalità, fino alla situazione interna al partito, con particolare attenzione a temi come immigrazione e riforme costituzionali. Partito. «Credo che questa riunione sia utile, necessaria, indispensabile per fare chiarezza.
Ce n’è necessità, per il doveroso rispetto che ognuno deve a se stesso e tutti insieme dobbiamo agli italiani». Incalza da subito Fini, aggiungendo in seguito: «Francamente anche nella regia dell’avvio dei lavori c’è un atteggiamento un po’ puerile di chi vuole nascondere la polvere sotto il tappeto». In questa chiave, «la mia volontà non è quella di sabotare: la mia volontà è quella di migliorare la qualità politica del partito e quindi quella del governo.
Una politica che è già meritevole di grande ammirazione certo, ma ora cerchiamo di discutere come farlo funzionare questo partito, cerchiamo di discutere oggi che non c’è più la logica del 70 a 30». Queste le parole sulla condizione interna del Pdl, con un avvertimento al presidente del Consiglio. «Berlusconi farà quello che vuole - dice - Ma deve prendere atto che qualcosa è cambiato. Spetta a lui, a me non interessa: è lui il presidente del partito. In ogni caso, discutiamone, perché in una delle più grandi regione italiane, da un anno e tre mesi, convivono due partiti, il Pdl e il Pdl Sicilia. E il Pdl Sicilia non è guidato da un eretico amico di Fini, ma da un uomo del governo Berlusconi». In sostanza, Fini dice di non volere «una corrente finalizzata a quote di potere. Si tratta di altro, di animare un dibattito e un confronto che non può che fare bene». E - quasi rispondendo alle stesse parole espresse da Berlusconi il giorno prima - avverte: «Non ho difficoltà a ricordare che anch’io ebbi a definire le correnti una metastasi».
Infine, sempre rispetto al partito, Fini attacca duramente il premier sul caos liste nel Lazio: «Ma credi veramente che la lista non sia stata presentata per un complotto di magistrati cattivi e di Radicali violenti?». Giustizia e legalità. «Qui spero per davvero che le parole non tradiscano il pensiero», anticipa Fini, sapendo di affrontare un campo minato per i berlusconiani. E, infatti, la contestazione più decisa la riceverà proprio in questo frangente. «C’è la questione connessa alla legalità - avverte l’ex ministro degli Esteri Che vuol dire certamente andare fieri di quello che le forze dell’ordine fanno, ma la difesa della legalità significa qualche cosa in più. E certamente indispensabile nel programma riformare la giustizia, combattere la politicizzazione della magistratura, ma non si può dare l’impressione che la riforma sia tesa a garantire sacche maggiori d’impunità. Lo so che non è così, ma qualche volta l’impressione esiste». Infine, il racconto di uno dei tanti retroscena: «Ti ricordi le litigate a quattr’occhi che abbiamo fatto sul processo breve? Quella era un’amnistia mascherata: e allora mi devi dire che cosa c’entra la riforma della giustizia se poi passano messaggi del genere». Riforme costituzionali. «Le riforme servono, Lega o non Lega - avverte Fini, dando massima priorità alla modifica del Titolo V della Costituzione - perché rischiamo un contenzioso enorme se non risolviamo le competenze tra Stato e Regioni». Nello specifico, «le riforme devono essere il più condivise possibile, ma come faccio a condividerle se non so qual è la posizione del Pdl?». In ogni caso, aggiunge il numero uno di Montecitorio, «non voglio polemizzare con Calderoli "piè veloce": questo è un dettaglio. Quella è la bozza di Calderoli.
Ma io sono il bastian contrario se chiedo quale è la bozza del Pdl? Vogliamo tradurre in una proposta le nostre intenzioni? Il compito del maggior partito di governo, che vuole trasformare questo paese, è quello di dare agli altri le bozze su cui si discute, non prenderle e dopo discuterne, come fossero cambiali che devono essere onorate».
Immigrazione e Lega Nord. «E’ eretico dire - si domanda ancora Fini - che io non mi ritrovo nei valori del Partito popolare europeo, nel rispetto della dignità della persona umana, quando sento dire che i medici
devono fare la spia sugli immigrati clandestini?». Riferimento esplicito alla polemica sul pacchetto giustizia proposto dal ministro dell’Interno Roberto Maroni lo scorso anno. «Non sono bugie. Sono problemi che rischiamo di correre e su cui si confrontano i nostri amministratori, perché alcune questioni vengono affrontate in modo incauto».
Quindi l’interpretazione del travaso di voti dal Pdl alla Lega nelle regioni settentrionali. «Non credo - avverte il presidente della Camera - che nel Nord il rapporto Pdl e Lega sia cambiato per alcuni eretici intellettuali vicini a Fini. Io do un’altra lettura. Sono mesi che lo vado dicendo: al Nord siamo diventati la fotocopia della Lega. Qual è la nostra bandiera identitaria al Nord? Vi risulta che abbiamo lanciato alto e forte il messaggio di abolire le province, che era nel programma elettorale?», insiste Fini, riconoscendo nel Carroccio «un alleato serio», ma che «non ha e non deve avere i medesimi valori del Popolo della Libertà».
Unità d’Italia e federalismo fiscale. Il federalismo fiscale, senza gli antidoti collegati alla cultura nazionale, rischia di metterne a repentaglio la coesione. Per questo motivo, il Pdl deve avere un ruolo attivo non soltanto a livello di governo, ma soprattutto per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Questo in sintesi il pensiero finiano rispetto al federalismo fiscale, unito ai festeggiamenti del prossimo anno. Fini cita i titoli della Padania («L’unità è un relitto storico da riattualizzare attraverso il federalismo»), e riconosce che senza «la stella polare dell’identità nazionale», non si va da nessuna parte. In questo senso, «servirebbe una commissione formata dai nostri governatori del Sud e del Nord».
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