
23/10/09
L'Opinione delle Libertà
E se la Prima Repubblica fosse terminata nel 1978? Forse, quasi tutto risulterebbe più chiaro e comprensibile, a cominciare dal nostro presente politico e istituzionale. Da una tale lettura storica, infatti, verrebbe fuori non soltanto una risposta interessante ed esaustiva a molti degli interrogativi odierni ma, addirittura, potrebbe derivarne un chiarimento ulteriore per cogliere l’attualità politica di questi ultimi mesi o giorni. Tale interpretazione potrebbe. servire. inoltre, per comprendere meglio quella "dittatura del presente" in cui il Paese si ritrova a vivere. Anzi, a sopravvivere. Ancora oggi. Il 1978, insomma, indica la data in cui si conclude il primo trentennio di un Potere ancora dominante. Un primo tempo che possiamo definire come "il tempo delle masse". Cattoliche, socialiste e ideologiche. A cui segue una seconda fase, che va dal 1979 fino al 2009 e che possiamo chiamare come "il tempo dei mass-media". L"idea che la Prima Repubblica sia finita nel 1978, mi è venuta sfogliando il nuovo libro del senatore a vita Francesco Cossiga: "La versione di K", scritto insieme a Marco Demarco (Rai Eri-Rizzoli). Imperdibile. La storia della Repubblica italiana si divide in quattro atti. come accade per il teatro. Ciascun atto ha la durata di quindici anni. Perché quello è il tempo del bioritino, ciclico e politico, della storia dei nostri ultimi sessanta anni. E il 2009 è l’anno che chiude il vecchio ciclo, il vecchio sistema, il vecchio assetto partitocratico. Ma, allo stesso istante. ne apre uno nuovo. Che durerà altri quindici anni. Il secondo tempo della nostra storia repubblicana inizia. perciò, nel 1979. Ciascuno potrà facilmente verificare da sé eventuali date, coincidenze, fatti, episodi e persone che caratterizzano il 1979 come l’anno d’origine di un altro ciclo, di un altro quindicennio e di un possibile cambiamento libertario. Purtroppo soffocato. Perché vittima dell’eterno presente in cui viviamo. Si tratta di un trentennio ancora in corso e che arriva appunto fino a noi. Fino a tutto il 2009 compreso. Per essere più precisi: la gran parte dell’attuale classe dirigente e l’intera partitocrazia italiana sono lo sbocco, la conseguenza e il prodotto del trentennio precedente, in perfetta continuità con il passato. In altre parole, per capire più in profondità quello che sta accadendo oggi nel Paese e nel Palazzo, può esserci molto di aiuto la lettura interpretativa sulla "transizione infinita", che caratterizza la storia della nostra Repubblica e che spesso viene citata anche dal presidente Francesco Cossiga. A tal proposito, il senatore Cossiga, nel suo libro "Italiani sono sempre gli altri", edito dalla Mondadori nel 2007 e curato da Pasquale Chessa, ha affermato che "prima ancora del compromesso storico fra Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, alla fine della guerra c’è stato un compromesso originario che, nel quadro internazionale sancito dalla conferenza di Jalta, ha consentito alla storia del paese di rimettersi in cammino"‘. In altri termini, se nel dopoguerra non vi fosse stato mi accordo, un patto, un’intesa trasparente e alla luce del sole tra Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti, non sarebbe nata la Repubblica. In un momento successivo, però. nonostante l’accordo, tra i due principali leader del Paese accadde qualcosa. Nel famoso viaggio in America, compiuto da De Gasperi fra il 5 e il 14 gennaio del 1947, l’allora capo del Governo scelse di schierare l’Italia sotto l’ombrello protettivo degli Stati Uniti. In quella circostanza, il nostro Presidente del Consiglio mostrò. tra l’altro, la riproduzione ingigantita di un cospicuo assegno rilasciato dalla Export-Import Bank, denaro necessario per avviare la ricostruzione. La scelta dì stare nel fronte occidentale e la ‘dottrina Truman" portarono ben presto De Gasperi, il 28 aprile 1947, con un memorabile discorso radiofonico. alla conseguente e inevitabile rottura dell’alleanza con i comunisti di Togliatti e i socialisti di Pietro Nenni. Da quella primavera. ebbe inizio sia la fase di una nuova e possibile formulazione democratica sia, di rimando, la nascita di una sorta di regime bloccato, posto sotto il sequestro e il controllo della De e del Pci. Una specie di "monopartitismo imperfetto", che ha caratterizzato la storia italiana. A seguire questo filo interpretativo, si finisce con il comprendere come e quanto la teoria della "transizione infinita", elaborata dallo storico Gabriele De Rosa, abbia profonde ragioni e solide fondamenta. E ci aiuta a capire. Dalla primavera del 1947, infatti, l’Italia ha conosciuto un percorso politico assai travagliato e incapace di porre fine all’emergenza di una transizione che avrebbe dovuto portare, nel giro di qualche anno, dalle macerie del regime fascista a una piena democrazia liberale. Invece, si è come rimasti chiusi in un limbo, dove il sistema corporativo, monopolistico, burocratico e ideologico ha impedito il superamento dì quei tratti non democratici e illiberali ereditati dal regime precedente. Nel gennaio del 1948, ricordiamolo, entrò in vigore la nostra Carta costituzionale che condusse alle celebri elezioni politiche- del 18 aprile. Ma, al contempo, emerse dall’ombra la partitocrazia italiana come ulteriore e definitivo elemento di continuità con il regine del Ventennio: si passò. cioè, dal partito unico dei fasci al fascio unico dei partiti. Il punto cruciale è rappresentato, ripetiamolo, da un preciso "incidente scatenante", storicamente identificabile: la rottura tra Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti. avvenuta nella primavera del 1947. Dal 1948 al 1978, tutto lo sforzo interno alle logiche della "guerra fredda" venne accompagnato da un processo politico teso a ricomporre lentamente e sottotraccia quella frattura originaria tra De e Pci. In altri termini, a ricondurre ad unità formale, oltre che sostanziale, la democrazia italiana: bloccata dall’impossibilità per i socialisti e i comunisti di entrare nell’orbita di governo. Anche se Pci e Psi furono sempre, di fatto, complici di un consociativismo realizzato sottobanco con i partiti di governo. La classe dirigente democristiana, comunque, si mosse per gradi: aprì ai socialisti nel 1962, con. il primo governo di centrosinistra presieduto da Amintore Fanfani; poi con il governo Moro, in cui entrò anche Nenni come vice-presidente del Consiglio; infine, con il cosiddetto compromesso storico tra De e Pci, appunto nel 1978. La Prima Repubblica, perciò, è finita nel 1978. Infatti, i due episodi principali che l’hanno segnata sono stati innanzitutto, ma non solo, la nascita del governo di solidarietà nazionale e l’assassinio del presidente della Dc, Aldo Moro. E lì che termina davvero la Prima Repubblica o, meglio, per usare un’immagine cinematografica, è quello il momento che potremmo identificare come il giro di boa, come la fine del primo tempo di un film lungo ormai sessanta anni. Un lungometraggio partitocratico che va così tanto di moda da essere ancora proiettato dentro e fuori le sale del Palazzo. Per la felicità dei produttori. Perché il presente politico dell’Italia partitocratica altro non è che l’infelice prodotto della Prima Repubblica. Niente di più. Forse qualcosa di meno. Protagonisti compresi. Ma un evento del gennaio 1979 segnò l’inizio del secondo tempo della transizione infinita. Il segretario del Pci, Enrico Berlinguer, difatti, decise di ritirare l’appoggio al governo di solidarietà nazionale di Giulio Andreotti. accusandolo di non aver rispettato i patti sui lavoratori. E si aprì un altro ciclo. Erede diretto del precedente. Insomma, da allora, siamo chiusi nell’eterno presente in cui ci troviamo anche oggi. Con il sistematico ripresentarsi della "transizione infinita", come se vivessimo sotto una dittatura del presente, nei cui confronti si finisce per essere sudditi o prigionieri. Anche se, volendo, si può sempre scegliere di salire a bordo di una nave corsara per intraprendere la rotta e la lotta nonviolenta per le riforme e per la libertà. per la democrazia e per una giustizia giusta. Ma è una scelta difficile da compiere, per chiunque. Perché può costare molto sul piano politico e personale. Eppure. tutte le altre strade non rendono, anzi portano alla resa. Scorre davanti agli occhi la vecchia celluloide partitocratica... La pellicola in corso è passata dal bianco e nero al colore. Per alcuni, però. è solo un continuo passaggio dal sonoro al muto, cioè. dalla singolarità della parola al pluralismo dei vocianti. Quindi, dal corpo della parola al chiasso delle immagini televisive. Dal sonoro al muto. Per altri, invece. è forse anche peggio: la continua rimozione della memoria, l’eterno ripetersi dei veti, delle censure, dei bavagli, dei silenzi, dell’oscuramento. Come accade nei confronti dei Radicali, di Marco Pannella e di Emma Bonino. E’ sempre la stessa storia, l’eterno presente che si protrae ancora... E infatti, come dalla rottura tra Togliatti e De Gasperi si formarono nel 1948 due nuove aggregazioni, una intorno alla De e l’altra intorno al Pci, allo stesso erodo lo schema del monopartitismo bipolare, al momento. si è ricostituito intorno al duopolio Pdl e Pd. Per ora. Insomma, la Prima Repubblica è finita nel 1978. Anzi, meglio, il 1978 è l’anno in cui termina la prima fase del dominio partitocratico, che poi è proseguito, cori tutto il suo superbo furore, anche nel trentennio successivo. Per fortuna, si tratta di un Potere contrastato dalla lunga resistenza dei cittadini, dagli uomini liberi, dai libertari. dai corsari e dalle forze della democrazia e della legalità. In altre parole, il conflitto tra democrazia e non-democrazia ha radici lontane, ma dura tuttora. Come alle origini. E così, oggi, forse proprio per l’avvenuta scomparsa dei partiti storici, la partitocrazia imperante può dirsi sopravvissuta. Ha soltanto cambiato none.
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