
29/10/10
Il Fatto Quotidiano
Caro Colombo, mi aiuti a capire una cosa: siamo in un prima o in un dopo? Stiamo andando verso un meglio o verso un peggio, e questo paese, a parte la crisi di tutti, è in salita o in discesa?
Vincenzo
Vincenzo
La Domanda racchiude tutta un’epoca della storia, non solo italiana. Gli Stati Uniti hanno alle spalle il sangue, la guerra spaventosa e inutile dell’Iraq (lo dimostra in ogni conversazione Marco Pannella. Saddam era stato persuaso all’esilio. Ma poiché è una storia vera nessuno la vuole ascoltare) e davanti una crisi non finita, un paese lacerato, un presidente coraggioso e nuovo combattuto con un odio senza precedenti. L’Inghilterra ha perduto un governo laburista blando (l’inetto Brown) per vivere con il modesto Cameron. Del credo conservatore ha portato tutto il vecchio arsenale: tagli crudeli dovunque la società ricca non soffre e nessuna idea, visione o riforma. La Germania è un passo davanti a noi. Sta in un precario equilibrio fra prima e dopo, fare o non fare, calcolare ogni minimo gesto per non far cadere l’equilibrista immobile. La Francia è tormentata da una insurrezione violenta che io interpreterei così: non tanto contro una brutta e affrettata riforma delle pensioni quanto in risposta al modo di governare gretto, ottuso, inutilmente arrogante di Sarkozy. L’Italia è peggio perché viene dal brutto (il non governo del tutto privo di idee e pieno di ego di Berlusconi e cloni piccoli e grandi della sua stessa immagine) e corre nel vuoto. Tutti i non Berlusconi si cercano e sbattono contro ciò che li separa: le cose non dette, le decisioni non prese, gli impegni non mantenuti o clamorosamente abbandonati, come quelli a garanzia dello legalità e del lavoro. Troppo pessimista? Mi difenderò con una frase in cui credo: l’uscita dal peggio avviene spesso all’improvviso, inaspettata, senza previsioni sociologiche e senza annunci. Altrimenti quel poco di civiltà che abbiamo non sarebbe giunto fino a noi.
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