
Champs-Élysées, Parigi. Donne in carriera, con pantaloni e tacchi a spillo, camminano veloci per i viali. Sono tutte fuorilegge. Almeno fino a ieri lo erano, anche se difficilmente qualcuna di loro lo sapeva. Sembra assurdo, ma a Parigi sino a ieri era ancora in vigore una legge secondo cui le ragazze non possono indossare abiti maschili. Naturalmente, nella capitale francese, nessuno se ne cura da almeno trent’anni. E da ieri arriva la svolta.
Ci ha pensato a fare giustizia il ministro per le Pari Opportunità e portavoce del governo francese, Vallaud- Belkacem, con i suoi 35 anni mascotte del governo di Francois Hollande: rispondendo a un’interrogazione parlamentare sulla Gazzetta Ufficiale del Senato, ha scritto che l’antica regola è da ritenersi non più in vigore, cioè tecnicamente «caduta in desuetudine», perché «incompatibile con i valori odierni» della Francia, e in particolare «con il principio della parità tra i due sessi». L’obiettivo della proibizione, ha chiosato il ministro di origini marocchine, consisteva «nel circoscrivere l’accesso delle donne a determinati incarichi». Ai giorni nostri è inconcepibile: ne deriva, ha concluso, la sua «abolizione implicita».
La norma risaliva al 17 novembre 1799, quando nacquero i Sanculotti, figura emblematica della Rivoluzione francese, che rivendicavano il diritto di portare i pantaloni per contrasto con la borghesia che portava le culottes, i mutandoni che arrivavano sotto il ginocchio. Per solidarietà anche le donne vollero indossare i pantaloni. Ma la Prefettura parigina lo vietò, varando la controversa ordinanza: «Ogni donna desiderosa di vestirsi come un uomo deve presentarsi alle autorità di polizia per ottenere il permesso, il quale verrà concesso solo a fronte di un certificato medico».
Una donna con i pantaloni era, infatti, all’epoca cosa disdicevole e sovversiva. La norma era divenuta più «permissiva » nel 1892 e nel 1909, quando alle cittadine fu consentito portare i calzoni «senza preventiva autorizzazione», ma solo nelle ipotesi in cui «impugnassero le redini di un cavallo» la prima volta, oppure «il manubrio di una bicicletta», la seconda.
Dopo oltre due secoli, paradossalmente, per quanto anacronistico e ignorato, il divieto era ancora là. In precedenza si era cercato più volte di cancellare questa norma, ma i vari governi avevano sempre rinviato la decisione al riguardo, sostenendo che la legge di fatto non veniva applicata. Nel 1969, in piena rivoluzione sessuale, il capo della polizia rispedì al mittente una richiesta di modifica, sostenendo che era «assurdo» modificare una legge solo per adeguarsi a una «moda del momento».
Altri tentativi andati a vuoto vennero fatti nel 2004, 2010 e 2011. E forse in ottemperanza alla legge, Air France imponeva fino al 2005 la gonna alle sue hostess. Ma l’episodio più eclatante accade nel 1972: l’allora giovane deputata Michèle Alliot- Marie si presenta all’ingresso del Parlamento in pantaloni e viene bloccata dai messi dell’Assemblée nationale. Lei pronta: «Poiché sono i miei pantaloni a creare difficoltà non ho alcun problema a toglierli». Bastò la mossa a farla entrare. Vestita.
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