
A grande richiesta, Pier Luigi Bersani torna oggi a parlare in una formale conferenza stampa. È stato un interessante esperimento mediatico il suo, che promette di ripetersi: per alcune settimane il leader dell’opposizione ha privato il circo della politica di frasi, battute o dichiarazioni, e alla fine il circo di commentatori e retroscenisti è diventato isterico.
Bersani ha fatto bene, oggi però avrà da rispondere a qualche domanda che si è accumulata nel tempo. A noi verrebbe da fargliene soprattutto una: come mai nella nuova stagione inaugurata dalla sua segreteria, archiviata la deprecata vocazione maggioritaria del Pd, il centro della scena è stabilmente occupato dall’Udc, che dà le carte di tutte le contese regionali, fa e disfa coalizioni e candidati, apre e chiude forni che neppure Craxi buonanima? La domanda, si intende, è retorica. Era implicito nella linea politica con cui Bersani e D’Alema hanno vinto il congresso – non sappiamo quanti elettori e militanti democratici ne fossero consapevoli – il fatto che fosse finito per il Pd il tempo del protagonismo assoluto. E che, morta e incapace di resurrezione la sinistra extraparlamentare, questo forzato “arretramento” del Pd avrebbe garantito nuovo spazio e nuova vita politica alle forze neocentriste. Questo è stato del resto, nell’andar via, il calcolo di Rutelli, ancorché finora senza esito.
Non è uno scandalo, è una dinamica forse inevitabile che chiedeva di essere governata.
Basta essere consapevoli delle conseguenze.
Guardando alle regionali, la prima conseguenza è che dove il Pd trova infine un candidato accettabile per Casini – in Puglia – questo gli costa un prezzo a sinistra; e dove non lo trova – nel Lazio, anche perché lì il forno più interessante per l’Udc è un altro – deve ripiegare su una candidatura ottima in sé, ma imposta dalle circostanze e da altri alleati. L’unico punto in comune delle due situazioni è una buona probabilità di perdere.
Non se ne può fare una colpa a Bersani.
Bisogna però che nel Pd si sappia che d’ora in poi sarà sempre così. E sarà così moltiplicato cento quando dal livello regionale si passerà alla costruzione di una coalizione da candidare al governo del paese. Il baricentro politico si sposta al centro in molti sensi.
Francesco Boccia in Puglia viene salutato dall’Udc come il frutto di una svolta blairiana del Pd: tanti auguri, sarebbe bello se fosse vero ma certo mentre Vendola affila le armi è paradossale ripensare a quando i voti democratici affluivano verso Bersani nel nome di un ritorno del Pd a posizioni “di sinistra”. Così nel Lazio: Emma Bonino (se sarà lei a correre, come a questo punto è auspicabile) è un punto a favore della sinistra dei diritti civili, ma chissà come reagirà il mondo sindacale (anche qui, una costituency bersaniana) all’idea di sostenere la radicale dell’aumento dell’età pensionabile e del pensionamento eguale per uomini e donne.
Non si lamenta certo Europa, ultimo ridotto blairiano forse del mondo. Vede però il Pd trascinato lungo questo percorso non per una scelta consapevole, bensì a traino degli eventi e soprattutto a beneficio principale di altri soggetti politici.
C’è poi un altro elemento di pericolo.
Di tutti i retroscena che esasperano i personalismi è bene diffidare, però nella geometria variabile di queste elezioni regionali tutti vedono distintamente una triangolazione privilegiata fra D’Alema, Fini e Casini. In altre parole: un laboratorio per un sistema politico post-berlusconiano, nel quale i protagonisti sono tutti personaggi moderati nei toni e nelle politiche che articolano le proprie alleanze a dispetto della logica bipolare, senza farsi male neanche dove vanno a scontrarsi gli uni con gli altri. Oggi nelle Regioni, domani chissà.
Anche qui, nulla di contrario per partito preso. Il fine è il buon governo del paese, il bipolarismo è solo un mezzo eventuale.
Il problema è che – come stanno facendo capire in queste ore – Silvio Berlusconi e la destra rappresentata dal Giornale sono ben vivi, vigilano contro la riuscita di questo esperimento anche dove lo tollerano e faranno di tutto per ripristinare il primato del maggioritario e del Pdl (maggioritario nel maggioritario, scusate il gioco di parole).
Non sappiamo se riusciranno a resistere, perché ora le operazioni di sapore post-bipolare hanno il gusto del nuovo. Quel che è sicuro è che il Pd per parte sua rischia di venire preso nel mezzo, e di uscire stravolto da una stagione nella quale figura formalmente da secondo soggetto forte dello schema bipolare, giocando però nei fatti a rompere il medesimo schema. È possibile che tra Berlusconi e la coppia Casini-Fini, possa davvero godere Bersani? Bentornato al segretario, comunque.
© 2010 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati