
La religione delle primarie ha i suoi dogmi, e dei dogmi non si discute. Però almeno non si dovrebbe tentare di imporli ai seguaci di altre fedi, e meno che mai a degli atei incalliti. E comunque, se applicati alla politica, un minimo di coerenza logica con la realtà anche i dogmi devono garantirla. Lo diciamo a proposito del caso Lazio. Coloro che nel Pd chiedono le primarie per la scelta della Bonino come candidata, appellandosi allo statuto del loro partito, sembrano infatti dimenticare che la prescelta non è un`iscritta al Pd. E la dirigente di un altro partito, i Radicali, i quali l`hanno candidata alla presidenza della Regione Lazio, e la candiderebbero in ogni caso. Il Pd può dunque fare due cose: accettare questa candidatura e sostenerla, oppure rifiutarla e sostenerne un`altra. Quello che non può fare è pretendere che si sottoponga alle primarie del Pd. Oltretutto, questa insistenza per le primarie in Lazio sarebbe comprensibile se ci fossero pletore di candidati del Pd che vogliono correre, e che la candidatura della Bonino bloccherebbe. Ma sembra chiaro che la Bonino è una soluzione che deriva proprio dalla mancanza nel Pd di candidati credibili che abbiano la voglia di rischiare in una competizione elettorale così difficile, con l`Udc che ha già scelto l`altro schieramento e un`avversaria di indubbia forza. In questa condizione Emma Bonino appare davvero come la scelta migliore nel contesto dato. Probabilmente è condannata a una sconfitta elettorale (sulla base dei dati elettorali più recenti, la storica leader radicale sembra avere certamente la popolarità e il rispetto, ma non la potenzialità politica di sfondare nell`elettorato moderato). Eppure la Bonino è anche l`unica possibilità oggi esistente di una gara dignitosa e generosa del centrosinistra. Boicottarla fin dall`inizio con il dogma delle primarie, mentre la Polverini è già in campagna elettorale, non ha davvero senso.
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