
04/10/10
Il Corriere Adriatico
Per capire meglio e con maggiore distacco come è ridotto questo Paese bisognerebbe che una qualche emittente televisiva proponesse ogni sera, per un mese, tradotto in italiano, il telegiornale dei principali Paesi europei e mondiali. Solo dalla comparazione, infatti, può nascere la consapevolezza della propria condizione. La maggior parte delle persone, probabilmente, ormai crede che, quanto sta succedendo in Italia, sia la normalità del conflitto politico e della realtà sociale. L’esperimento, per essere più completo e radicale, dovrebbe estendersi alla stampa, magari con un fondo ad hoc stanziato dal Parlamento o dal Governo. I giornali, tutti, sarebbero invitati, sempre per un mese, a pubblicare un inserto (in italiano) che riprende le principali testate dei giornali degli stessi Paesi di cui abbiamo ascoltato i notiziari. Per garantire l’efficacia civica dell’iniziativa, si potrebbe persino abbinare la lettura e l’ascolto di quanto succede altrove ad una lotteria.
In questo modo, milioni d’italiani confronterebbero le nostre principali (o presunte tali) vicende con quelle di Germania, Spagna, Canada, Belgio, ecc. Si tratterebbe, insomma, del tentativo di effettuare una sorta di pulizia dello sguardo critico, decisamente narcotizzato da troppi anni di perdita di senso del significato dello spazio pubblico. Nessuno, teoricamente, avrebbe motivo di temere tale confronto poiché nessuno tra i principali protagonisti della classe dirigente italiana (politici, industriali, manager pubblici e privati, editori, giornalisti, sindacalisti, intellettuali, docenti, artisti, prelati, ecc) si sente responsabile del degrado in cui siamo precipitati e al contrario ha idee ben precise su chi possa essere ritenuto il colpevole. Tale esperimento, ovviamente, riguarda in primo luogo la comparazione con i fatti che tutti i giorni s’impongono all’attenzione degli italiani, ma finirebbe inevitabilmente per coinvolgere anche il modo di comunicarli. Scoprire che le notizie quotidiane hanno temi e respiro del tutto diverso potrebbe magari rappresentare uno shock salutare. Questo, si badi bene, non rinvia in nessun modo ad una nostra inferiorità nei confronti di qualunque altra cultura politica e sociale, ma semplicemente ci permetterebbe di prendere le misure di cosa sta succedendo, per poi magari scoprire che quello che succede e come viene presentato si attaglia perfettamente alla nostra essenza di popolo in formazione, agitato e diviso.
Se si eccettua il periodo della guerra fredda in cui l’Italia è apparsa a tutto il mondo il Paese più congelato del fronte occidentale, la “Bulgaria” della Nato, insomma, stabile e ingessata tra Vaticano e Chiesa comunista, parco giochi di servizi segreti e aspiranti golpisti, il nostro Paesesin dalle sue origini è stato non di rado considerato, al contrario, inaffidabile e sempre pronto a sgomitare, affollato com’era di megalomani, poco interessati ai tempi lunghi e ponderati della grande politica e più propensi ai colpi di mano, alle accelerazioni spettacolari quanto superficiali. L’Italia, ricordiamolo, non ha mai avuto un partito conservatore il cui posto è stato per lo più occupato da un dirigismo pseudo riformista, autoritario e presuntuoso che, però, non è nato dal nulla, limitandosi ad interpretare le esigenze di ceti medi e popolari aggressivi, da sempre diffidenti nei confronti di un interesse collettivo non di rado abbandonato, nel secolo e mezzo della nostra storia unitaria, nelle mani di gruppi di potere organizzati quanto rapaci, i cui interessi nulla avevano a che fare con quello collettivo. L’attuale declino del nostro spirito pubblico è, dunque, solo l’esito di una lunga storia di irresponsabilità che ha finito per scaricare i suoi veleni sulle istituzioni, ormai dai più ritenute una vuota parola se non un vero e proprio nemico dei propri quotidiani interessi. E’, quindi, arrivato il momento di riscoprire il profondo significato politico della cultura del pragmatismo e del confronto empirico, cioè di quella cultura che - in un’arena libera da eccessi burocratici, monopoli informativi, lentezze giudiziarie, favoritismi, ostacoli al merito - ci permetta, grazie ad una effettiva rappresentanza politica, di scegliere davvero il nostro futuro nelle cose che contano.
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