
«Sta circolando uno strano virus», aveva detto scherzando il "responsabile" Domenico Scilipoti commentando dal Transatlantico l'assenza di massa dei parlamentari della maggioranza dello scorso 17 maggio. Un'influenza stagionale che ha causato come effetto collaterale l'approvazione di cinque mozioni presentate dall'opposizione, quattro delle quali inerenti alla questione carceraria. Così distratto, il governo ora si trova impegnato a prendere una serie di provvedimenti su almeno tre direttrici fondamentali: il piano per l'edilizia penitenziaria che, è scritto nei documenti, dovrebbe realizzarsi tramite gare di appalto aperte ai privati e in libera concorrenza; la spesa pro capite per detenuto che non può essere ridotta più della media applicata al comparto ministeriale; e una lista di riforme legislative per decongestionare il sovraffollamento degli istituti ormai improcrastinabili. Detto, fatto? Che la situazione disperata dei luoghi di detenzione sia arrivata a costituire una pena aggiuntiva a quella stabilita dal giudice è un'evidenza riconosciuta dagli stessi alti rappresentanti della Repubblica.
Ma nessuno nutre speranza nell'adeguamento del governo ai vincoli approvati nelle mozioni parlamentari. Al punto che il testo presentato dal Pd e approvato dalla Camera dei deputati contiene, come spiega la deputata radicale Rita Bernardini, «i punti già approvati a gennaio dello scorso anno e che sono di estrema attualità, dal momento che lo stato di sovraffollamento e di illegalità delle carceri italiane non solo non è stato risolto, ma si è addirittura aggravato». Anzi, durante un convegno organizzato a Roma dall'associazione Antigone, il capo dell'amministrazione penitenziaria Franco Ionta chiarisce che «l'emergenza non è finita» e che «il problema doveva invece essere affrontato per tempo, quando subito dopo l'indulto è iniziata la forte carcerizzazione». Ionta, che riveste anche la carica di commissario straordinario dell'emergenza carceraria, garantisce che «nell'arco di questa legislatura porteremo a compimento tutte le nuove strutture previste dal Piano edilizio, a cominciare dai venti padiglioni aggiuntivi che cresceranno all'interno di carceri già esistenti». In totale, si tratterebbe di quasi 10 mila posti letto su cui spalmare i 67mila detenuti ristretti in Italia, contro una capienza regolamentare attuale di 42mila unità. Totale di spesa, 670 milioni di euro. A parità di numeri, però, la costruzione di nuove ali dei penitenziari necessiterà di assunzioni di personale - già in sottorganico - cui finora non si è provveduto. Il segretario del sindacato di polizia Osapp, Leo Beneduci, ricorda che «a nostra stima, per 5.000 posti aggiunti servirebbero almeno 2.000 unità di polizia penitenziaria in più».
Nei vent'anni di attività appena festeggiati dall'associazione Antigone, che si occupa sin dalle sue origini di garanzie e diritti all'interno del sistema penale, è tracciata la curva della crescita della popolazione detenuta: all'inizio degli anni 90 i detenuti erano 35mila di cui non oltre il 15% erano stranieri e quelli reclusi per reati di droga circa 12mila, riferisce l'associazione. Oggi sul totale di quasi 68mila, gli stranieri costituiscono il 35% e i reati legati al consumo di stupefacenti il 38% (il doppio della media europea del 15,9). Quello che invece «è rimasto tragicamente stabile», spiega il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, «è la percentuale dei suicidi e delle morti in carcere che sono sempre rimasti su livelli alti in questo Paese. Ciò che è cambiato negli ultimi 20 anni è che ora si è iniziato a parlarne e, a furia di ripetere, è diventato un tema di cui non si può dire che non si sappia». Ai 25 casi rendicontati nel 2011 dall'osservatorio di Ristretti Orizzonti, poi, si devono aggiungere altri 5 suicidi nel personale di polizia. Provvedimenti amnistiali, ripresa della concessione delle misure alternative, riduzione delle custodie cautelari in carcere, depenalizzazione di reati di lieve gravità sono tra le soluzioni su cui da tempo insistono gli esperti. L'unica di immediata praticabilità contro il sovraffollamento del sistema, valuta Gonnella «è agire sui flussi in entrata. Lo Stato su alcune grandi questioni non può che scegliere di rinunciare all'impatto penale».
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