
La vicenda dell'ammanco di cassa al partito della Margherita causato dal tesoriere Luigi Lusi non può essere derubricata a vicenda privata di un singolo deputato autore di una truffa ai danni di un partito. Un'altra volta, nella recente storia politica, si era iniziato a parlare di «un mariuolo» e si era finito con la decapitazione di un'intera classe dirigente dei partiti. La vicenda Lusi-Margherita stimola a due considerazioni di carattere generale. La prima sul finanziamento dei partiti politici, la seconda sul controllo che gli stessi esercitano sulle loro strutture e sulle loro finanze. L'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti per mezzo di un referendum e sulla spinta di Tangentopoli ha portato all'approvazione di una legge, quella dei rimborsi elettorali, la cui applicazione e gestione è stata spesso a dir poco opaca. Viene da pensare che la toppa sia stata peggio del buco e che una legge chiara e trasparente sul finanziamento dei partiti fosse migliore del suo succedaneo. La seconda considerazione riguarda il controllo o l'omesso controllo dei tesorieri, i cirenei dei partiti abbandonati al loro destino, nel bene e nel male. Rivedere l'intera materia, senza perdonismi e senza giacobinismi, farebbe certamente bene a un rapporto tra cittadini e politica che sta velocemente precipitando nell'abisso.
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