
L`ultima baracca crolla sotto i colpi della ruspa e a gironzolare fra i cumuli di spazzatura e i resti di vita quotidiana rimangono solo cani e gatti. Casilino 900, già campo nomadi più grande d`Italia e d`Europa, da 40 anni vergognosa favela della capitale senza fogne né acqua e nemmeno luce elettrica fino a un anno fa, chiude definitivamente i battenti. E`il sindaco Alemanno in persona a fine mattina, a sigillare, con un gesto simbolico, il cancello d`ingresso con catena e lucchetto, in una sorta di cerimonia col prefetto Pecoraro e l`assessore alle Politiche
sociali Belviso. Qualcuno urla «grazie Alemanno», ma gli ex abitanti non ci sono più. Gli ultimi rimasti dei 620 rom che popolavano il campo, una quarantina, sono stati trasferiti nelle prime ore del mattino a bordo di pulimini stracolmi di coperte, tappeti, giocattoli e valigie. «Una giornata storica», si compiace il sindaco, e se la prende col «buonismo» di Veltroni, che faceva da «ipocrita
contraltare» alla realtà di «totale abbandono» di quella zona. E promette che il suo piano
nomadi «sarà ultimato entro l`anno». A Roma ci saranno a quel momento «solo 6000 rom, tutti ricollocati in campi attrezzati». Come quelli in cui sono stati trasferiti gli ex abitanti del Casilino. Ma dall`opposizione non mancano le polemiche. «Peccato che Alemanno ometta di dire che per chiudere Casilino 900 ha utilizzato i villaggi attrezzati realizzati delle amministrazioni Rutelli e Veltroni, tra le critiche demagogiche di allora dello stesso Alemanno, che ora si limita a riempirli
in modo inverosimile. Mentre non un solo passo è stato fatto per realizzare nuove strutture», osserva Peciola, consigliere provinciale dì Sinistra, Ecologia e Libertà.
«Quando arrivò Rutelli i campi erano 51. Veltroni ne chiuse 4 enormi e ne lasciò in piedi 26,12 dei quali attrezzati», ricorda Valeriani, consigliere comunale del Pd. Vuol farne altri? Dica dove ai cittadini, prima delle regionali», incalzano ancora dal Pd. Resta il fatto storico della chiusura della favela del Casilino. Sessant`anni fa una fungaia, poi per una decina ospita famiglie siciliane e napoletane immigrate, infine per 40 anni campo nomadi. Nel `69 arrivarono i Salkanovic, arrotini
e ombrellai che vendevano anche trecce d`aglio e costruivano distillatori di grappa.
Quindi i rom Khorakhané, artigiani del rame e del ferro.
Tra gli anni `80 e `90 il boom degli arrivi di macedoni e bosniaci montenegrini, in fuga dalle guerre nell`ex Jugoslavia. La baraccopoli si estende e ospita oltre 1500 persone. Negli anni in quella striscia degradata sono nati 15.000 bambini. «Un atto di civiltà chiuderlo», commenta
Renata Polverini, la candidata governatore del Pdl. «Purché si tenti di integrarli davvero,
cosa non facile, e non ci si limiti a spostarli in altre periferie», replica Emma Bonino, candidata del centrosinistra. E ironizza sulle «grandi polemiche sui rom, spesso confusi coi romeni, per poi
scoprire che la maggior parte di loro sono cittadini italiani da generazioni».
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