
In molti continuano a dire la loro sulla direzione del Pd. La dico anch’io, soprattutto per quel finale con fuochi d’artificio color gay, tetti e primarie. Bersani ci ha dato le due chiavi per l’avvenire. Quella dell’agenda del nostro augurabile governo, che D’Alema ha battezzato «Oltre Monti ma con Monti»; e quella sul carattere di «agenda liberale del risanamento», che «continuerà ad essere un pezzo del programma della sinistra, visto che questo paese non ha avuto la fortuna di avere una destra liberale».
Nei commenti seguiti ai fuochi d’artificio, di queste due chiavi s’è persa ogni traccia. Eppure sono fatte della stessa materia intellettuale con le quali ci siamo aperte le porte dei grandi progetti di costruzione del paese, dove il “nuovo” ha sempre coinciso col “risanamento” dell’esistente: nel Risorgimento, nel dopo fascismo, nell’unità nazionale… Il risanamento ha in Occidente obbiettivi liberali e caratteri rivoluzionari, lo sappiamo. E ce l’ha ricordato lo stesso 14 luglio Hollande, rivendicando tra i Campi Elisi e l’Etoile tutto l’orgoglio della forza enciclopedica, laica, sociale, risanatrice della grande nazione. Proprio la storia della Rivoluzione insegna che questa non si può fare dal Tesoro, anche quando la individua (diciamo Turgot). Sono l’obiettivo e il carattere complessivi e finali che danno al presidente francese la forza di far sapere alla Peugeot che gli ottomila licenziamenti preannunciati non li può fare come vorrebbe, semplicemente perché lo stato, cioè la società ch’esso rappresenta, non l’accettano. E certo Marchionne a Parigi non ci va.
Perciò, nel nostro montismo oltre Monti, alcuni ministri laici e competenti oggi al governo dovranno regolare la loro bussola, sia per la politica della spesa, che non può essere più «a pacchettini» come dice Bersani, sia per la politica dello sviluppo, che non può essere più alla siciliana, come ricorda Barca. (E così fa sapere all’Europa e agli investitori che col ritorno dei partiti non tornerà l’Italia irresponsabile che ha il coraggio di riproporsi). Ma, dopo una mezza giornata di riflessioni strategiche, arrivano le allegre comitive del “particulare”, in nome del “matrimonio” gay, delle primarie senza coalizione, del “tetto” per i mandati. E mi chiedevo su quale pianeta vivano (o almeno vivessero in quel pomeriggio, i proponenti degli ordini del giorno, mentre tutto lo sforzo di una classe politica responsabile, che si candida a governare il paese, avrebbe dovuto rigorosamente essere concentrato sulla missione di Monti in America e, semmai, spasimare per saperne qualcosa).
E invece no, con Monti oltre Monti, ok, ma intanto occupiamoci dei gay, non per la sostanza dei loro diritti-doveri, ma per la parola, lo status symbol, “matrimonio”, che la Francia laicissima ha splendidamente tradotto in Pacs; occupiamoci delle primarie, senza conoscere (e temo senza essere d’accordo) con chi faremo la coalizione nella quale scegliere il premier (peraltro già scelto dallo statuto del Pd); imponiamo il tetto ai mandati parlamentari, infischiandocene della stessa opinione popolare, che potrebbe voler tenersi il suo deputato di collegio.
O il Pd non si batte per riavere i collegi uninominali attraverso il doppio turno? Non capisco in quali gabbie si avviluppino uomini e donne di eccezionale intelligenza ed esperienza, perdendosi in baggianate procedurali, in «preclusioni» che i regolamenti oppongono alla «messa in votazione». Col risultato, doppiamente non veritiero, di consentire ai vinti di sentirsi “preclusi” e a Fioroni di presentarsi (a Sua Eminenza?) come il vincitore. Credo che questioni inerenti l’Italia del 2012 e non l’Italia dell’Ottocento (diritti e doveri della “coppia” gay, adozioni per sposati e no, diritti dell’infanzia, diritti degli anziani, diritti bioetici come quelli rilanciati da Marino, libertà della scienza, primato della scuola pubblica laica ed egualitaria, carceri e prostituzione italiane e non musulmane, immigrazione-integrazione-autodifesa culturale degli italiani, parità diritti-doveri tra paesi d’immigrazione e paesi d’emigrazione, nuovi rapporti rappresentanzademocrazia), siano e debbano essere concepiti come naturale sviluppo della seconda rivoluzione civile, dopo quella liberal-socialista-radicale che ci ha dato il paese quasi moderno che abbiamo.
Spero che, come D’Alema pone la riforma liberale dell’economia a carico della sinistra «visto che una destra liberale in Italia non c’è mai stata», altrettanto si faccia con la riforma liberale dei diritti civili, visto che un riformismo socialdemocratico in Italia ha fatto quasi sempre difetto. Sarebbe un bell’avvio al superamento di altri storici steccati. E sarebbe, insieme all’economia, il doppio terreno del confronto fra il Pd e i cento fiori (se son fiori) che stanno spuntando dopo il lungo inverno del berlusconismo. Pensiamo al partito neoclericale di Passera, Ornaghi, Riccardi, Cisl, Acli ecc.; a Forza Italia in chiave di Chicago boy’s e non più di Olgettine; alla Destra storaciana-ex An che s’addensa nei covi; a Sedizione liberale di Oscar Giannino; alla neo Lega Bossi-Mauro, al partito di Montezemolo che si aggira come fantasma corposo nella vastissima area tra Udc ed ex Pdl; alle maschere sgarbista e grillina nel Carro di Tespi. Per fermarci a destra.
Grandi, piccole o pseudorealtà, che s’aggregano innalzando le bandiere del malessere, quello normale e quello di evasori e profittatori di regime. Pensiamo a come farvi fronte, non a preclusioni e decadenze a norma di regolamento.
© 2012 Europa. Tutti i diritti riservati