
Chi vuole vedere le facce di persone che se la sono vista brutta vada alle pagine 38-42 e, dopo aver fatto un bel respiro, cerchi di frugare un po' negli occhi di questi condannati a morte che il caso, o la necessità, o anche il destino, oppure la volontà, la fortuna, la burocrazia, la bizzarria delle cose, l'amore degli uomini, la divina provvidenza, o tutto insieme, hanno invece e comunque mantenuto in vita - e buon per loro.
Li ha fotografati la spagnola Sofia Moro, per El País, con il massimo dell'umanità consentito da un mestiere che obbliga a scavare nell'animo dei soggetti. E questi qui, di cui Alvaro Corcuera Ortiz de Guinea racconta le tribolazioni e la salvezza, sono tipi assai particolari: e tuttavia, se non ne conoscessimo la particolare condizione, nulla ci consentirebbe di assimilarli in un preciso gruppo sociale, in una delle tante tribù. Paiono infatti individui molto diversi l'uno dall'altro. Uno ha gli occhi teneri e l'espressione soddisfatta; un altro sembra altezzoso e scostante mentre fa vedere un tatuaggio sul petto; un altro ancoca, quel faccione che pare venga fuori dal buio, ha il berretto storto, gli occhiali sulla punta dei naso e decisamente troppo oro addosso, come dice quel bagliore che gli si indovina fra i denti. Le dita delle mani grassocce. L'occhio inespressivo. L'orologione che segna un tempo tutto suo.
Eppure, nessuno di loro, né alcun loro atteggiamento, giustificherebbero mai la direzione che le loro vite avevano preso. Per questo non si vede nulla dietro le spalle; per questo si stagliano nel vuoto dell'ex braccio della morte.
A dire il vero, niente dimostra nemmeno che siano innocenti. Sarebbe comodo poterlo decidere in foto! Quello ripreso di profilo, con la mano sul mento, è troppo immerso nei suoi pensieri per non nascondere qualche torbida retro-intenzíone. Quell'altro è eccessivamente quieto, però è da quello stato che possono di colpo scattare rabbia e violenza. E ancora: ottuso e vendicativo, a occhio, quello in maglietta; infido quell'altro con il cappello e il pizzetto.
Però non può esserci al mondo prodigio di percezione, infallibile intuito o legge suprema che possa giustificare la pena di morte. La sua bestemmia risuona sul volto ridente dei condannati
che l'hanno fatta franca. L'allegria come porta d'accesso della redenzione. Avanzi di galera sopravvissuti salutano nell'ultima pagina con un sovrappiù di verità da tenere massimamente a cuore.
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