
Se il 31% vi sembra poco. È il divario medio di prezzo esistente nelle categorie top di alimentari e non dei discount e dei supermercati. Un gap a cui sempre più consumatori italiani prestano attenzione a causa della crisi economica e dell'erosione del reddito. Insomma da negozio destinato o pensionati, immigrati e famiglie disagiate, il discount diventa una sorta di salvagente per il carrello della spesa delle famiglie. E insieme un fenomeno sociale.
L'industria di marca è stata e rimane una garanzia per l'innovazione dei prodotti e la sicurezza alimentare ma oggi, sotto i colpi della recessione, queste certezze sembrano venire meno. Non basta nemmeno più la funzione di ammortizzatore dell'inflazione ricoperta della grande distribuzione che oggi, anche se con molta fatica, riesce ancora svolgere sui prodotti di marca.
Impressiona il trend speculare segnalato da Nielsen sotto l'albero di Natale: nelle prime due settimane di dicembre le vendite di ipermercati e super segnano un tonfo del 5,5% mentre i discount fanno un balzo positivo di identico valore. Una deriva che va assolutamente contrastata dall'industria di marca, a partire dal divario dei prezzi.
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