
Si spacca? Non si spacca? Maroni è fuori? Maroni è dentro? È il grande giorno della Lega. Da una parte il Cerchio Magico, dall'altra la Fronda, nel mezzo la Base Incerta e Divisa, e poi il Trota, i Consigliori, i Giuda, i Sicofanti, i Moderati, i Radicali, gli Strateghi da Bar e soprattutto la Consorte, che non vuol sentire ragioni: la Lega è proprietà di famiglia, cosa nostra, quindi giù le mani, anzi fòra da i ball. Era da un pezzo che il partito padanista non faceva più notizia. Alleata col Caimano, parte dell'odiata maggioranza de destra, la Lega non aveva più una virtù, benché un tempo fosse stata, per uno di quei magic moments da canzonetta, addirittura «una costola della sinistra» (Massimo D'Alema era Adamo, Oscar Luigi Scalfaro il Serpente dell'Eden e il Senatúr, sigaro e tutto, Eva).
Ma grazie all'ex ministro dell'interno, Roberto Maroni, già braccio destro del capotribù, che guida la rivolta contro l'ala berlusconiana del partito, ecco che la Lega ha di nuovo una chance di guadagnarsi il paradiso (cioè le lodi di Repubblica, una lenzuolata domenicale di Io in persona e forse persino un'affettuosa tirata d'orecchie da parte di Michele Serra, Re dei Re delle Anime Belle. Abbatta come birilli gli odiati tiranni, prima l'Umberto, poi Papi, e Bobo Maroni diventerà popolare, giornalisticamente parlando, come e più del Caro Leader e dei suoi ministri, per quanto bocconiani e filiformi. Chiuda l'epoca, una volta per tutte, dell'alleanza di centrodestra, che ha portato sfortuna all'Italia e ai suoi migliori rappresentanti, gli oratori e i friggisalsicce delle Feste dell'Unità. S'unisca ai Buoni, si emendi, e la meglio nomenklatura italiana (ex comunisti, post democristiani, comici televisivi, marchitravagli, fabifazii, lettori, banchieri, funzionari italotedeschi dell'Unione sovietica... pardon, dell'Unione europea) gliene sarà grata in eterno, o almeno per un po', finché dura la festa. Traghetti le valli bergamasche oltre il fiume, nell'Italia che vive di tasse e di sinecure statali, e rinneghi le False Credenze.
Rinunci alla demagogia padanista e si converta alla Vera Religione: la demagogia statalista. Ecco qui un tricolore: lo sventoli. Posi per una foto ricordo col Capo dello Stato. Questo si legge sui giornali, in tono di speranza. Perché no? Tutto può succedere, anche che la Lega passi al nemico: l'Inno di Mameli.
Ma fateci caso: grazie alla guerra frontale tra maroniani e bossiani ortodossi, mentre le Due Ali si fronteggiano, il partito padano riesce ad esprimere contemporaneamente le Due Anime dell'elettorato leghista, l'anima berlusconiana e quella anti. Neanche a farlo apposta, come capitò anche nel 1994, quando la Lega si divise per la prima volta tra ortodossi e maroniani, le due linee accontentano tutti, i padani pro e quelli contro. È tutto vero, naturalmente.
Qui nessuno accusa nessuno di recitare una parte nella filodrammatica della politica. Ma non sembra una classica strategia politica da bar?
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