
Ad aiutare il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo non sono solo i partiti di governo, con le loro nomine di "esperti" alle varie authority, ma anche l'Europa, con il modo con cui ha deciso di venire in soccorso delle banche spagnole. Che il sistema bancario spagnolo (e non solo) fosse a rischio, lo avevo già scritto. Che si dovesse intervenire, non c'era dubbio.
La mia obiezione riguarda il modo in cui si è intervenuto. Invece di assicurare i depositi e introdurre una procedura europea di amministrazione controllata delle banche in crisi che liquidasse le banche inefficienti, si è preferito firmare un assegno in bianco alla Spagna, che si trova così libera di coprire coi soldi europei gli errori delle sue banche.
Come al solito si è guardato al problema immediato (arginare un possibile effetto contagio di un'uscita della Grecia) senza pensare agli effetti di lungo periodo. E gli effetti di lungo periodo, sia economici che politici, saranno disastrosi.
Per valutarli è necessario capire la struttura del sistema bancario spagnolo prima della crisi, diviso fra tre grandi banche (Santander, Bbva, Caixa di Barcellona) e il resto: una miriade di piccole casse di risparmio locali, che ricordano da vicino le nostre prima della riforma Amato del 1990. Come le nostre vecchie casse di risparmio, quelle spagnole erano appannaggio dei politici locali. Poco sofisticate e diversificate, queste casse avevano cavalcato con gioia la bolla immobiliare iniziata con l'entrata della Spagna nell'euro. I prezzi delle case in continua ascesa avevano eliminato qualsiasi freno alle clientele politiche: i prestiti venivano fatti solo per amicizia, tanto si guadagnava comunque.
Con l'esplosione della bolla immobiliare i nodi vennero al pettine. Ma si cercò di coprirli per lungo tempo, con la tecnica che gli americani chiamano "extend and pretend": si allungano le scadenze sui prestiti e si fa finta che il creditore sia ancora solvente. Questo creò una grande incertezza sul valore reale delle perdite. Per esempio, la Cassa della Castilla-La Mancha riportava crediti in sofferenza per "solo" il 9,3% prima della tentata fusione con Unicaja. Quando Unicaja chiese a un revisore di controllare i bilanci, i crediti in sofferenza esplosero al 14,2 per cento.
Per fronteggiare questa crisi la Banca di Spagna cercò di favorire le fusioni tra casse di risparmio. Così nel 2010 si formò Bankia, l'unione di ben sette casse di risparmio.
Per le banche la strategia era di diventare così grandi da assicurarsi un supporto politico. Che questo fosse il movente lo dimostra la composizione dei consigli di amministrazione: non composti da esperti bancari, ma da uomini politici, a garantire l'aiuto statale in caso di bisogno. Il governo partecipò a questo gioco, sperando che l'economia si risollevasse, risolvendo i problemi delle casse. Purtroppo questa strategia non ha fatto altro che peggiorare lo stato dell'economia spagnola, bloccata da un sistema bancario paralizzato e prezzi immobiliari irrealistici. Ma è riuscita nel suo intento perverso. Oggi che Bankia è a rischio non si può lasciarla fallire: è troppo grande, o almeno così sembra. E siccome ad essere troppo grande è anche il buco di bilancio, in soccorso deve arrivare l'Europa.
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