
I lavori sono proseguiti nella notte su un’ipotesi di circa 600 miliardi di euro (60 della Commissione Ue, 440 dei governi dell’Ue e 100 del Fmi di Washington). In cambio i Paesi in difficoltà, come Spagna e Portogallo, si impegnerebbero a forti riduzioni aggiuntive dei deficit sulla scia di quelle accettate dalla Grecia.
L’Fmi e la Bce
Il testo della Commissione all’Ecofin era abbastanza aperto. Non specificava le cifre del fondo di salvataggio dei Paesi in difficoltà perché puntava a una disponibilità finanziaria illimitata, da definire in base alle necessità dello scontro sui mercati con la speculazione. Si parte da una base di fondi della Commissione, integrati da prestiti e garanzie dei Paesi membri. In extremis è stato inserito il coinvolgimento del Fmi, che ieri ha approvato la sua quota da 30 miliardi di euro del piano di salvataggio per la Grecia (altri 8o miliardi sono garantiti dai governi dell’Eurozona). La Germania preferiva la limitazione dell’esborso.
La presidenza spagnola ha mediato proponendo i 600 miliardi. Ma, al di là dei particolari tecnici, sarebbe emerso un sostanziale consenso sulla necessità di far annunciare dall’Ecofin la coesione politica tra i 27 Paesi nella difesa dell’euro. Su questo segnale da Bruxelles, i vertici della Banca centrale europea (Bce), riuniti a Basilea con i governatori delle banche centrali nazionali, potrebbero annunciare l’adesione al «meccanismo di stabilizzazione» come scelta indipendente dai governi. In particolare la Bce dovrebbe impegnarsi ad acquistare i titoli di Stato dei Paesi dell’Eurozona in difficoltà, se non fossero sottoscritti nelle aste.
L’Italia e la solidarietà
«Dobbiamo difendere l’euro e faremo tutto quello che sarà necessario», ha dichiarato il presidente di turno dell’Ecofin, la responsabile delle Finanze spagnole Elena Salgado. Il presidente francese Nicholas Sarkozy ha fatto sapere di essere in «accordo completo» con la cancelliera tedesca Angela Merkel sul «meccanismo di stabilizzazione», quando la riunione dell’Ecofin era da poco iniziata.
Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, impegnato nella trattativa a Bruxelles, avrebbe avuto un ruolo importante nella costruzione del piano di salvataggio convincendo il premier Silvio Berlusconi a condividere la linea dura anti-speculazione di Sarkozy, fondata sulla solidarietà tra i Paesi dell’Eurozona, che inizialmente si scontrava con l’opposizione della Merkel. Ma Tremonti ha evitato dichiarazioni per raffreddare possibili tensioni con i vertici della Bce. A Francoforte non avrebbero gradito le dichiarazioni di Berlusconi, soprattutto nell’Eurogruppo di venerdì, sull’acquisto dei titoli di Stato. Non a caso l’Ecofin ha fatto attenzione a rispettare l’interesse della Bce di mostrare all’esterno la sua collaborazione al «meccanismo di stabilizzazione» come un scelta autonoma e in piena indipendenza dai governi.
Gli ostacoli
L’Ecofin si è protratto per superare vari ostacoli. Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble è stato colpito da un malore all’arrivo alla riunione di Bruxelles ed è stato sostituito con l’invio da Berlino del responsabile degli Interni Thomas De Mazière. Il cancelliere dello Scacchiere britannico, Allistair Darling, ha escluso esborsi per il fondo di salvataggio dell’euro perché è tra gli i i Paesi dell’Ue fuori dalla moneta unica. Darling avrebbe provato a organizzare una minoranza di blocco per contrastare il voto a maggioranza sull’accordo. Ma altri importanti Stati esterni ai 16 della zona euro, come Polonia e Svezia, hanno fatto sapere di condividere la difesa della moneta unica, che sta diventando sempre più uno scontro globale tra il potere dei governi e quello della speculazione finanziaria. Il presidente Usa Barack Obama ha chiamato Sarkozy e di nuovo la Merkel per ribadire il suo appoggio alla difesa dell’euro, prendendo le distanze dagli eccessi degli speculatori di Wall Street. Il ministro delle Finanze svedese Anders Borg ha tuonato contro lo «sciacallaggio» di banche d’affari e hedge fund nell’attacco alla Grecia, alla Spagna, al Portogallo e all’Irlanda.
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