
04/01/11
Avvenire
Una nuova missione diplomatica è iniziata ieri in Costa d’Avorio con l’obiettivo di risolvere la crisi politica ai vertici dello Stato dopo le contestate elezioni presidenziali di fine novembre. Il mediatore dell’Unione africana (Ua), il primo ministro keniano Raila Odinga, è arrivato ieri mattina nel Paese insieme ai presidenti del Benin, Boni Yayi, della Sierra Leone, Ernest Koroma, e di Capo Verde, Pedro Pires, tutti inviati dalla Comunità economica dell’Africa occidentale (Ecowas). I quattro mediatori incontreranno i due protagonisti della crisi politica: il presidente uscente Laurent Gbagbo, proclamato presidente dal Consiglio costituzionale ivoriano, e Alassane Ouattara, riconosciuto vincitore del voto dalla comunità internazionale. Con Gbagbo i colloqui sono cominciati già ieri nel palazzo presidenziale.
La Ecowas, che ha sospeso la Costa d’Avorio all’inizio di dicembre, ha già chiesto nei giorni scorsi a Gbagbo di cedere il potere al suo rivale. Secondo fonti della Sierra Leone ora «non ci sarà alcun compromesso». «Il presidente Ggagbo si deve dimettere», ha anticipato Ibrahim Ben Kargbo, ministro per l’Informazione di Freetown. All’uomo forte ivoriano saranno offerti alcuni incentivi per «farsi da parte». «Stiamo cercando di creare per Gbagbo una via d’uscita pacifica, che gli permetta di lasciare la carica in maniera dignitosa», ha spiegato ancora l’esponente politico della Sierra Leone. «I capi di Stato dell’Ecowas ha concluso - vogliono garantire al signor Ouattara il trasferimento a proprio favore dell’amministrazione del suo Paese». Per Gbagbo si profila quindi l’offerta di una sorta di «amnistia» e la garanzia che i suoi beni non verranno toccati purché rinunci al potere. Gli inviati dell’Ecowas avevano già incontrato Gbagbo una settimana fa, minacciando un intervento militare.
L’Onu ha intanto assicurato che i caschi blu in Costa d’Avorio faranno tutto il possibile per indagare su eventuali abusi dei diritti umani avvenuti dopo le elezioni. Fonti delle Nazioni Unite hanno detto di aver ricevuto notizia di almeno due fosse comuni. L’Onu ritiene che, nelle settimane successive al voto, almeno 200 persone, in gran parte sostenitori di Ouattara, sono sparite o sono state uccise.
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