
La Regione impugnerà davanti alla Corte Costituzionale l'articolo 31 della manovra del Governo Monti che liberalizza l'orario di apertura dei negozi rendendo possibile vendere 24 ore su 24. La decisione arriva dopo il pressing bipartisan delle associazione dei commercianti (Ascom e Confesercenti sono sulla stessa linea) e delle amministrazioni locali di ogni colore politico. Secondo il presidente del Piemonte, Roberto Cota, la manovra «interviene su una materia di esclusiva competenza regionale e lo Stato non dovrebbe anzi, non deve intervenire».
La decisione è stata presa in accordo con l'assessore al commercio, William Casoni, e nasce dalla considerazione che «l'apertura indiscriminata, praticamente senza regole, non porta benefici per i consumi e, in compenso, causa grossissimi problemi ai piccoli esercizi già duramente colpiti dalla crisi».
I numeri dell'assessorato al Commercio mettono in evidenza alla fine del 2011 un saldo sostanzialmente in pareggio tra aperture e chiusure di negozi ma l'assessore invita ad interpretare quei numeri perché dimostrano come la maggior parte di aperture è legata ad attività di franchising mentre abbassano definitivamente la saracinesca i piccoli negozi.
Ecco perché, secondo Cota, la valutazione sulla liberalizzazione degli orari deve essere fatta «regione per regione perché sono diverse le esigenze tra Piemonte e Lombardia, ad esempio, e poi perché in ogni regione ci sono specifiche esigenze territoriali». E aggiunge: «Se a livello locale ci sono esigenze specifiche che richiedono un prolungamento di orario si può ragionare in materia ma se non emergono queste necessità non ci sono ragioni per togliere i vincoli».
Contro la decisione della Regione scende in campo Salvatore Grizzanti, segretario dell'associazione Adelaide Aglietta: «Cota ha scelto di stare dalla parte delle corporazioni che insieme ai partiti hanno bisogna di mantenere lo status quo per avere un motivo di esistere». Questa dei radicali è l'unica voce fuori dal coro e non sembra preoccupare più di tanto il governatore.
E il governatore non perde occasione per attaccare Monti: «Aumentare le tasse non crea un posto di lavoro». Cesare Damiano, responsabile delle politiche del lavoro del Pd, non è d'accordo: «I ricavi potrebbero servire per finanziare ammortizzatori sociali maggiormente efficaci, in grado di fare fronte a un momento di crisi straordinaria». E il governatore sembra dimenticare che il governo che adesso dovrà destinare risorse per la crescita ha già favorito l'occupazione «riducendo l'Irap alle imprese che assumono a tempo indeterminato donne e giovani». E questa misura «deve essere resa strutturale e valere anche per coloro che hanno perso il lavoro dopo i 50 anni». E la Cgil contesta la scelta della giunta Cota di «non aver applicato aumentando l'addizionale Irpef una vera progressività del peso della tassazione, intervenendo su scaglioni di reddito più elevati». Si tratta di «un ulteriore aggravamento della pressione fiscale sui redditi da lavoro dipendente e sulle pensioni, in particolare delle fasce più deboli».
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