
Mai preso una lira. La dichiarazione di Mastella all’indomani dell’indagine sui presunti favori e posti di lavoro all’Arpac fa riflettere.
Niente soldi, solo innocenti «segnalazioni» per aiutare della povera gente in difficoltà. Al di là della vicenda giudiziaria in sé, sulla quale indagherà la magistratura, questa reazione mette in luce un sistema di gestione della cosa pubblica e delle relazioni politiche che per decenni è stato considerato del tutto normale e innocuo. In Italia si pensa sempre che tutti i mali siano legati alle mazzette, alla corruzione «economica». Ma il funzionamento del nostro sistema non è corrotto solo da mazzette, ma anche da sistemi clientelari che spesso ci impongono impiegati, funzionari e dirigenti incapaci. È sempre stato così, non lo hanno certo inventato i coniugi Mastella.
Così sono nati i sistemi locali del pubblico impiego, e anche a questo in fondo sono serviti: a creare una base stabile di posti di lavoro con cui dare una mano a tanta «povera gente»: amici, vicini di casa, parenti, persone che avevano bisogno di una mano per sistemare se stessi o i propri figli. Non era, di per sé, un sistema criminale. Nell’Italia del dopoguerra che si stava rimettendo in piedi è stato in un certo senso uno strumento di ricostruzione di tante comunità, di affermazione dello Stato, di gestione del consenso. Oltretutto, affermandosi in un periodo di forte espansione e in un’economia ancora poco globalizzata in cui il ruolo del talento e delle competenze altamente specializzate era meno pervasivo di oggi, questo sistema generava inefficienze tutto sommato tollerabili.
Ma tutto è cambiato a partire dalla fine degli Anni Ottanta. L’avvento delle nuove tecnologie, la compressione inevitabile dei sistemi di impiego pubblico, la crescente globalizzazione e soprattutto la crescente complessità dei servizi e delle competenze con cui si sono dovute misurare organizzazioni pubbliche e private hanno reso questi sistemi di assunzione localistica e clientelare insostenibili e dannosi. Insostenibili da un punto di vista economico e sociale. Economico, perché hanno rallentato la modernizzazione dei nostri servizi, hanno aumentato vertiginosamente i costi, costringendo spesso a ricorrere a consulenze per compensare la mancanza di competenze interne, hanno moltiplicato le inefficienze e i tempi di realizzazione di progetti. Ma insostenibili anche dal punto di vista sociale, perché il persistere di questi sistemi di «segnalazioni» e favori ha finito per minare la fiducia degli stessi cittadini nelle istituzioni e nello Stato. Perché anche loro sono cambiati. Tanti cittadini che prima vedevano nell’ente pubblico locale un rifugio e una protezione sociale, oggi vedono nell’ente pubblico un erogatore di servizi importanti, e non accettano più inefficienze in nome di una protezione occupazionale che in ogni caso l'ente non è più in grado di garantire come un tempo. Tante persone che prima vedevano nel sistema clientelare una risorsa sicura, abbondante e accessibile, oggi vi vedono un ostacolo alla propria realizzazione e al proprio benessere. Perché la mancanza di servizi funzionali impedisce loro di realizzare legittime ambizioni personali e professionali, e perché le inefficienze delle pubbliche amministrazioni si ripercuotono su di loro, il loro lavoro, le loro attività commerciali e professionali, nonché sulle opportunità di studio e crescita dei propri figli.
Insomma, in questi ultimi venti anni è cambiato radicalmente lo scenario economico e sociale in cui il nostro Paese si trova a competere e operare. Ma i poveri coniugi Mastella sono rimasti all’Italia di 40 anni fa e pensano quindi di aver fatto poco danno. Fanno quasi tenerezza. Non si rendono conto che il problema non risiede tanto nell’eventuale guadagno privato che possono averne derivato o no, ma nel costo collettivo del loro comportamento. Il dramma è: quanti Mastella ci sono ancora in giro per l’Italia a «piazzare» amici e conoscenti nelle nostre pubbliche amministrazioni ignari o noncuranti dei costi che questo comportamento infligge a tutto il Paese?
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