
Nicola Cosentino, non ha intenzione di fare alcun "passo indietro": «Rimango al mio posto di sottosegretario e di candidato alla Regione. Solo il presidente del Consiglio può decidere del mio destino e di quello della Campania». Ma neppure Silvio Berlusconi ha intenzione di fare "un passo in avanti": «In questa vicenda io non voglio intervenire assolutamente», spiega ai giornalisti. Ma, nel Pdl, è vera e propria rissa. Umberto Bossi se la prende con chi, nel Pdl, ha chiesto la testa di Cosentino: «Chi chiede adesso le sue dimissioni, non si dimise quando ad essere indagato era proprio lui». Italo Bocchino ammorbidisce i toni, ma non i contenuti: «Spiace che Cosentino abbia preso la mia richiesta di dimissioni come un fatto personale». Immediata la replica: «Mi pare che, nel centrodestra, stia venendo meno l'anima garantista» replica, stizzito, il sottosegretario. Ed ancora il ministro Altero Matteoli che se la prende con il vicecapogruppo del Pdl a Montecitorio: «Stupiscono certe affermazioni». Per arrivare, infine, a chi chiede le dimissioni proprio di Bocchino da vicepresidente di gruppo. La tensione si taglia con il coltello.
La giunta per le autorizzazioni ha deciso che voterà solo a metà della prossima settimana sulla richiesta di arresto nei confronti di Cosentino, avanzata dalla Procura di Napoli. Scontato (in base i numeri) il "no"; anche perché Maurizio Turco, radicale eletto nelle liste del Pd, ha annunciato l'intenzione di votare come il centrodestra: «Non c'è ragione per arrestarlo: anzi, mi pare una richiesta suicida. Non si possono equiparare le parole dei pentiti a vere prove».
Per due ore, ieri mattina, il sottosegretario ha sostenuto, davanti alla Giunta, l'esistenza di un "fumus persecutionis" nei suoi confronti: «Anzi: un "Fumone"» ha poi aggiunto, scherzando con i giornalisti. Nelle 26 pagine dattiloscritte della sua memoria (consegnata agli atti), Cosentino sostiene di essere vittima di una «indagine mediatica». Il sottosegretario è convinto che, contro di lui, non esiste alcuna contestazione specifica, ma che vengono assurte a valore di prove, le dichiarazioni di vari pentiti al fine di costruire «un percorso illecito avulso dalla realtà». Vittima, quindi, di «indagini approssimative», che avrebbero il solo scopo di colpire la sua possibile elezione a governatore della Campania. Le opposizioni (Turco a parte), però, non gli credono: al punto che questa mattina, anche a Montecitorio, il Pd presenterà una mozione per chiedere al presidente del Consiglio le dimissioni del sottosegretario (non è prevista, infatti, una sfiducia personale nei confronti di chi non è ministro). Antonio Di Pietro è sicuro: «Molti, nel Pdl, l'appoggeranno». Ma Gianfranco Fini, nelle ultime ore, avrebbe manifestato la propria irritazione per questo nuovo fronte di tensione interno alla maggioranza, alimentato, peraltro, proprio da alcuni suoi fedelissimi. Un anticipo dello scontro che potrebbe verificarsi sul "caso Cosentino", si avrà già oggi. Il Guardasigilli, Alfano, ha deciso che non riferirà alla Camera l'impatto che il disegno di legge sul "processo breve" avrà sulla giustizia italiana. Ha delegato, infatti, Elio Vito, ministro dei rapporti con il Parlamento di illustrare i dati. Le opposizioni giudicano quella di Alfano una "fuga".
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