
Il caso Cosentino diventa la mina vagante in una maggioranza a rischio (presunto) di elezioni. Ieri il sottosegretario all’Economia, sentito dalla giunta per le autorizzazioni a procedere, ha attaccato: sono un perseguitato. Mercoledì o giovedì prossimo la giunta dovrebbe decidere per il no alla richiesta di arresto, per concorso esterno in associazione mafiosa, formulata dalla procura di Napoli. Ma la vicenda è soprattutto politica, ormai incandescente. Pd e Idv presenteranno due mozioni di sfiducia per chiedere le dimissioni di Cosentino dal governo. Contrattacca Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera: «Stiamo ritornando in pieno all’uso politico della giustizia».
Defezioni e contrasti continui lacerano però la tenuta della maggioranza, tanto che il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Altero Matteoli, dichiara di essere «molto meravigliato e indignato che colleghi del mio partito minaccino di votare a favore di una mozione di sfiducia presentata da avversari contro un collega dello stesso partito». Come infatti non hanno escluso di fare i deputati "finiani" Fabio Granata e soprattutto Italo Bocchino, vicecapogruppo Pdl. Non a caso, Antonio Di Pietro sul suo blog fa sapere di essere stato «avvicinato da parlamentari del centrodestra stufi di essere rappresentati in questo modo, che - ha riferito - mi hanno incoraggiato ad andare avanti e chiedere il voto segreto, perchè nel segreto dell’urna voteranno anche loro per la sfiducia». Cicchitto rammenta: casi di franchi tiratori nella maggioranza «creerebbero evidentemente un problema drammatico e traumatico».
Il coordinatore Pdl Ignazio La Russa, peraltro, lancia una stoccata non da poco contro Cosentino: la sua candidatura alla regione Campania, «che pure avrebbe meritato, è inopportuna». Un siluro spiegabile con la dichiarazione, poi rettificata, del sottosegretario all’Economia, che aveva detto: «Dentro la componente di Alleanza Nazionale sta venendo fuori un’anima meno garantista». La questione della candidatura potrebbe essere risolta dal consiglio di presidenza del Pdl in programma il 26 novembre. Ieri il premier Berlusconi ha detto che «non interverrò» sulla richiesta di dimissioni. Certo è che il caso è assurto a simbolo dei conflitti del Cavaliere con la magistratura, ma anche con Gianfranco Fini. Umberto Bossi, invece, interviene: «C’è chi dice che Cosentino si debba dimettere, ma quando toccava a chi ora dice questo, non lo ha fatto. No a un garantismo a fasi alterne». Cosentino si è lamentato in Giunta di essere indagato dal ’94 «senza mai essere stato ascoltato» dai Pm e ribadisce di voler restare al proprio posto «anche se è Berlusconi a dover decidere» sul suo «futuro». Per la candidatura in Campania, aggiunge: «Sono decisioni politiche». Il procuratore di Napoli, Gianfranco Lepore, ha detto ieri che «noi non abbiamo perseguito nessuno, abbiamo perseguito i reati e i loro responsabili di reati».
Nella giunta per le autorizzazioni a procedere è stata battaglia: i deputati di opposizione hanno attaccato più volte Cosentino, «il quadro che emerge è molto complesso e gravoso» sostiene Antonella Ferranti (Pd). Risponde il vicepresidente Antonio Leone (Pdl): «Noi non giudichiamo il merito, eppure i colleghi Pd oggi sembravano pubblici ministeri della Santa Inquisizione». Ma nel Pd c’è anche chi dirà no alla richiesta d’arresto: per Maurizio Turco «non c’è alcuna ragione».
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