
Il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino non può essere arrestato. E non deve dimettersi da sottosegretario. Così ha deciso ieri la Camera, in due tempi. Di mattina ha ribadito il no alla richiesta di arresto della Procura di Napoli già votato dalla giunta delle autorizzazioni a procedere, con 51 voti in più rispetto a quelli di Pdl e Lega. E nel pomeriggio ha respinto le tre mozioni di sfiducia presentate da Idv, Pd e Udc.
A nulla è valso un dibattito serrato, con punti di forte tensione. Nicola Cosentino è accusato dalla Procura di Napoli di essere il referente politico del clan dei Casalesi. Alessandro Maran, vicepresidente dei deputati Pd, ha fatto presente che «per un simile reato un qualunque altro cittadino sarebbe in carcere». Massimo Donadi, capogruppo Idv, ha ricordato che «dal 1993 ci sono state 18 richieste di arresto per parlamentari e nessuna ha avuto un esito positivo, questo non è un buon esempio».
Ma il voto su Cosentino ha fatto registrare anche qualche trasversalità interna ai partiti. Casini rivela che nella sua Udc «metà ha votato a favore e metà contro» e invita «a guardare piuttosto ai voti del Pd», facendo capire che non sono stati solo i radicali a difendere l’esponente del Pdl. Totale la difesa del Pdl verso Cosentino. Incidente tra Maurizio Paniz e Marco Minniti: il primo ha sostenuto che il secondo, da sottosegretario, era stato indagato. E il deputato del Pd ha invocato il Gran giurì.
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