
La politica per la corruzione è come la benzina per il fuoco. La alimenta e la moltiplica perché la politica è lo strumento che usiamo per creare e incrementare risorse ed occasioni a vantaggio della comunità. Quando qualcuno ha l’opportunità di utilizzarla a proprio vantaggio, gli effetti sono devastanti perché può accedere senza ostacoli ad ingenti risorse pubbliche. Detto questo, però, va ricordato che il fuoco esiste anche dove non c’è benzina. Hanno ragione coloro che in questi giorni hanno ricordato che il problema della corruzione, purtroppo, non si risolve dando l’intera responsabilità alla politica. Questo è un modo ingenuo (o magari furbo) per cercare di trovare un responsabile, rendendo così “buoni” ed onesti tutti gli altri. E’ la solita tiritera della mala politica contro la buona società, ma le cose sono, ahinoi, più complicate. Intanto, la militanza a destra o a sinistra non sembra garantire uno spartiacque tra onesti e disonesti, per il semplice motivo che gli universi ideali di tali appartenenze condannano senza appello la corruzione come un’aberrazione che, a lungo andare, disintegra il sistema. Esiste per caso qualche breviario della dottrina fascista o degli ideali liberali o cattolici o comunisti che assolva il comportamento corrotto? Non li troverete, per il semplice motivo che le mazzette non rientrano negli scenari immaginati dalle grandi dottrine politiche, ma segnalano, invece, il concreto orizzonte degli uomini che, pur professando quelle dottrine, rimangono animali pieni di “appetiti”. Se non si parte dall’idea che il comportamento egoistico ed accumulatore rappresenta tendenzialmente la norma dell’agire antropologico mentre il comportamento “sociale” ed altruistico rimane una faticosa dimensione culturale, una costruzione sofferta dell’agire “pubblico” degli uomini, continueremo a chiederci per quale strana combinazione, governi la destra o la sinistra, ci sia la prima o la seconda repubblica non riusciamo mai ad imbroccare la scelta di una irreprensibile classe politica. La verità, triste e un po’ amara che non fa sconti al moralismo del lieto fine, è contenuta nel cinico proverbio secondo cui l’occasione fa l’uomo ladro. Non tutti, ovviamente. Ed è il motivo per cui la nostra comunità si regge ancora.
Migliaia di cittadini, funzionari, politici, imprenditori onesti operano nelle nostre città, mescolati con un numero altrettanto cospicuo di disonesti, di persone che sono oneste perché non hanno nulla da offrire e persino di uomini che di solito lo sono e magari in alcuni frangenti diventano sensibili alla possibilità d’imporre il proprio interesse personale a scapito di quello pubblico. Il vero danno, come al solito, non è rappresentato dalla tangente intascata dal corrotto per facilitare un affare, un appalto, una transazione d’interesse collettivo, ma dal fatto che quell’affare, appalto, transazione sono avvenuti a spese di alternative migliori e più economiche. Insomma, la corruzione impedisce l’affermazione dell’eccellenza, della qualità, del risparmio e favorisce una costosa mediocrità. Perché, ci si può domandare, accettiamo di convivere con questa sanguisuga che c’impoverisce tutti? Sì, certo, ogni volta che la magistratura scopre un caso di corruzione assistiamo al rito dell’indignazione: “che vergogna”, “sono tutti ladri” ecc. In fondo, però, per noi corrompere appare un reato molto meno grave di tanti altri. Come mai?
La risposta sta in quello stesso meccanismo che non ci fa protestare con chi butta una cartaccia per strada: la strada in quanto luogo pubblico è di nessuno. Anche i soldi pubblici sono percepiti come un’entità astratta, soldi di nessuno. Solo avendo la chiara consapevolezza che luoghi e soldi non sono di nessuno ma di tutti, solo fornendo la prova “fisica” del danno che i fenomeni di corruzione ci infliggono individualmente e collettivamente, potremo trasformare una generica indignazione in vero isolamento sociale del malaffare. Come per le tasse non pagate, anche per i fenomeni di corruzione il danno prodotto dovrebbe essere raccontato per immagini. Una cronaca dettagliata che ci faccia vivere gli effetti concreti che siamo costretti a subire: “si calcola che il danno arrecato da quella tangente abbia impedito l’assunzione di 5 ricercatori nel reparto di biologia oncologica, o l’acquisto di trenta macchinari per la dialisi, il regolare funzionamento della scuola materna sotto casa vostra. Ecco, così risulterà più chiaro che la corruzione “incrina” proprio il salotto di casa nostra, così pulito e così apparentemente inaccessibile alle brutture del mondo.
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