
Un mancato gettito che vale 25,5 milioni l'anno. Tanto costa al Comune di Roma l'esenzione Ici sugli immobili degli istituti religiosi utilizzati per attività «che non abbiano natura esclusivamente commerciale». L'argomento è tornato di attualità di fronte alle difficoltà economiche che sta attraversando il paese, con l'annuncio di misure lacrime e sangue per gli italiani. I Radicali hanno presentato un emendamento alla manovra, bocciato però in commissione Bilancio al Senato, per chiedere la fine di questo «privilegio». Un'abolizione che certo porterebbe denaro fresco nelle casse esangui del Campidoglio.
Tutto inizia nel 2006, quando il governo Prodi modifica una norma dell'esecutivo Berlusconi dell'anno prima, quella che esentava dal pagamento dell'Imposta comunale sugli immobili tutte le attività commerciali degli enti non profit (tra cui quelle degli enti ecclesiastici): il nuovo decreto Bersani Visco limita l'esenzione appunto alle attività «che non abbiano natura esclusivamente commerciale».
Per Gianni Sensi, presidente dell'Associazione turismo religioso e consulente di enti religiosi a Roma, la norma è chiara e non c'è alcun privilegio. «Bisogna distinguere le finalità. Tutte le attività svolte in proprio da un ente non profit sono esenti da Ici, perché destinate a opere mutualistiche. Questo può essere il caso di un'erboristeria gestita da frati, i cui ricavati servono per finanziare in maniera documentata le loro missioni nel mondo. In tutti gli altri casi si paga. Esempi? I Padri Trinitari a piazza Sonnino hanno due negozi in affitto e qui pagano l'Ici; la clinica Salvator Mundi delle suore del Divin Salvatore versa l'imposta su tutta la struttura; la casa per ferie Villa Maria, a Largo Berchet, paga 36mila euro di Ici l'anno sulla sua sala per riunioni» .
Già nel 2007, l'allora assessore al Bilancio della Giunta Veltroni, Marco Causi, aveva ipotizzato una perdita di gettito Ici di 25 milioni annui a seguito delle novità introdotte nel 2005-2006. Nel marzo del 2009, rispondendo a una interrogazione dei Radicali, il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha di fatto confermato questi dati (25,5 milioni, per la precisione). Cifre riportate dai Radicali parlano di mancati incassi attorno ai 400 milioni per tutti i Comuni italiani.
Proprio nel documento di replica ai Radicali, il Campidoglio ammette che la norma sulle attività esentate dall'Ici che «non abbiano esclusivamente natura commerciale, genera confusione proprio sulle modalità di individuazione delle suddette attività». I Comuni, Campidoglio in primis, si trovano di fronte un Everest da scalare. Primo, non esiste un censimento del patrimonio immobiliare degli enti ecclesiastici («Da anni lo chiediamo», afferma Riccardo Magi, segretario Radicali Roma). Girano le cifre più disparate: secondo stime riportate dai Radicali, il patrimonio immobiliare degli enti ecclesiastici rappresenterebbe il 20% del totale nazionale. Numeri contestati da Assoedilizia, che scende a una percentuale di appena 1'1% (3-4% nella capitale). In secondo luogo, non c'è alcun obbligo di dichiarazione per il proprietario che si ritiene esente dal pagamento dell'Ici. Il Comune, quindi, procede per tentativi, per esempio partendo dai prezzari delle varie case per ferie presenti su internet. Ma poiché non è sempre possibile definire in modo chiaro se una attività è «esclusivamente» o parzialmente commerciale, spesso la controversia è risolta dai giudici.
Alemanno, rispondendo a una nuova interrogazione dei Radicali questo agosto, dichiara che, a seguito di misure di accertamento sulle attività degli enti ecclesiastici svolte successivamente alle modifiche del 2005-2006, è stata individuata un'area di elusione che ha consentito di recuperare n milioni. Secondo un ex funzionario del Campidoglio esperto della materia, si può ipotizzare che tra gli immobili di enti ecclesiastici su cui non si paga l'Ici (perché il proprietario ritiene di non svolgere attività esclusivamente commerciale) un 50% in realtà svolge attività commerciali a tutti gli effetti. «Parliamo - racconta - di cliniche private, librerie, e case per ferie. Questi ultimi sono i casi più difficili da verificare».
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