
Quando abbiamo letto che al ristorante del Senato le lamelle di spigola con radicchio e mandorle costavano tre euro e trentaquattro centesimi, ci siamo illusi che la giusta ondata di indignazione popolare avrebbe indotto i parlamentari a dare l'esempio, almeno al ristorante. Accettando - loro che guadagnano undicimila euro al mese - di pagare almeno lo stesso conto che pagano i semplici cittadini quando vanno a pranzo in trattoria. Non è andata così. Appena i prezzi sul menù sono cambiati, i senatori sono spariti. E ora sei camerieri, due cuochi e un banconista che sono stati licenziati perché agli onorevoli senatori sborsare sei euro per un piatto di spaghetti è parsa, evidentemente, un'insopportabile esagerazione. Il conto, ancora una volta, lo fanno pagare a qualcun altro.
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