
Fra qualche ora, il 30 ottobre, come ogni anno, si apriranno i lavori del 13 congresso di Radicali italiani; congresso, come da statuto, aperto a tutti, e che non vede delegati, ma iscritti, perché tutti gli iscritti hanno pari dignità e facoltà di intervenire, proporre, candidare e candidarsi; e chiunque si può iscrivere (attenzione: "chiunque" vuole dire chiunque, senza dover passare al vaglio di probiviri ed esami; senza incompatibilità con tessere di altri partiti o organizzazioni - che sono anzi le benvenute - quel che si chiede è solo il pagamento della tessera annuale). Tempo dunque di bilanci, e di rilanci.
La segretaria uscente Rita Bernardini si presenta con un bilancio con molti segni più. Molti (e tanti grazie al "Garantista" che ne ha pubblicato il testo integrale) ricorderanno la recente presa di posizione di papa Francesco in tema di giustizia, carcere, tortura; mesi fa, quando Marco Pannella era impegnato in un duro sciopero della fame e della sete, papa Francesco telefonò due volte a Pannella, non lo esortò a cessare quella durissima iniziativa politica, piuttosto gli disse quello che Pannella voleva sentirsi dire: sono al tuo fianco, abbi coraggio. E in più di una occasione lo ha dimostrato; perché tra i primi gesti di pontificato, quello di aver abolito l’ergastolo, ancora in vigore in Città del Vaticano, e reso punibile il reato di tortura; gesti simbolici, naturalmente, ma di grande valore, che si sarebbe dovuto cogliere: perché l’ergastolo in Italia è in vigore, perché la tortura, nonostante i trattati internazionali sottoscritti, in Italia non è ancora punibile, mancando una legge ad hoc.
Ma senza andare al di là del Tevere, per restare alla sponda laica: c’è lo storico messaggio alle Camere del presidente Giorgio Napolitano in tema di giustizia e carcere, che il Parlamento sciaguratamente ha lasciato cadere, scrivendo una pagina nera della sua storia; ci sono i pronunciamenti della Corte Costituzionale e delle giurisdizioni nazionali ed internazionali...Dite che è poco? Sono mattoni fondamentali di un edificio in costruzione; quello stesso tipo di mattoni che negli anni ‘70 faticosamente si cementarono, e poi sono diventati parte del nostro essere e vivere comune: tutto quell’edificio dei diritti civili senza i quali la nostra esistenza oggi sarebbe inconcepibile e grama. Anche allora si diceva che Pannella era "pazzo", "visionario", "eccessivo", troppo "radicale". Come oggi; e anche oggi, grazie a Pannella, a Bernardini, a pochi altri dell’apparente minoritaria galassia radicale si piantano semi e si lavora perché lievitino e germoglino in storiche convergenze, come, per fare un esempio, quella contro la fame nel mondo, la straordinaria convergenza di centinaia di premi Nobel, il pontificato di Karol Wojtyla, il Quirinale di Sandro Pertini.
Prima o poi, queste cose, chissà, le capirà anche Renzi. Si diceva un tempo: "...la politica della fontanella..."; figuriamoci: una fontanella che funziona ha una sua indubbia importanza, una sua utilità; può perfino mettere allegria, perché dà soddisfazione il piacere per un lavoro ben fatto.... Ora quell’espressione si usa meno, fa parte del "patrimonio" di persone che hanno i capelli ingrigiti (o non li hanno affatto); ora i più "nuovi" e "moderni" dicono che c’è una connessione tra il "locale" e il "globale"; e il primo incide sul secondo; il secondo è anzi rafforzato, irrobustito dal primo. Chiamatela "fontanella", chiamatela "glo/cal", la minestra è quella. Oggi come ieri chi si vuole applicare a questa "politica", chi la teorizza e la ritiene praticabile e "incidente", faccia pure, e in bocca al lupo. Perché negare a ciascuno di noi sogni, idealità, aspirazioni, ambizioni, anche presunzioni? Ognuno tesse la sua tela, come crede, sa e può, anche se è comunque innegabile che le esperienze passate non hanno portato i frutti sperati, auspicati, immaginati. Anche se la carta "locale", almeno per quel che riguarda i radicali, è stata vincente solo quando la si è giocata con parsimonia, e in contesti che non erano quelli della mera "fontanella", ma si inquadravano in scenari di cui non si dovrebbe smarrire la memoria: le presenze nei consigli comunali di Marco Pannella a Trieste, Catania e Napoli, per dire; quella di Angiolo Bandinelli e Rita Bernardini nel consiglio comunale di Roma; quella dei consiglieri alla regione Lazio Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo...
Le cose, comunque, vanno chiamate con il loro nome, per un elementare dovere di chiarezza. Non da ora l’analisi radicale, che si può condividere o non condividere, ovviamente, individua in Italia (ma la metastasi ha da tempo varcato i confini nazionali) una situazione di non democrazia (o "democrazia reale"); una situazione che di fatto impedisce perfino la "semplice" conoscenza: la "semplice" conoscenza di quello che fanno e propongono i radicali; la "semplice" conoscenza della stessa esistenza dei radicali; la "semplice" conoscenza di come il diritto sia violato; di come "legalità" sia un termine svuotato del suo significato; di come la legge sia violata innanzitutto da coloro che questa legge l’hanno voluta, e avrebbero il dovere di osservarla e tutelarla. Questo è, in estrema sintesi, il succo dell’analisi: diritto e legalità da conquistare; situazione della giustizia, nelle sue varie declinazioni (penale, civile, fiscale, ecc.), da sanare; e soprattutto la madre di tutte le questioni: l’informazione negata. Ora si può dire che questa analisi è sbagliata, che è troppo "radicale", che la situazione è diversa da quella che si dice e descrive; e se si dice e sostiene questo, allora si fanno scelte politiche e si offrono strategie coerenti con questa impostazione e visione.
Se però l’analisi della non democrazia (o "democrazia reale") e della denegata conoscenza la si condivide, a questo punto, data la straordinaria/"ordinaria" situazione, occorre agire e operare politicamente di conseguenza. Non si può sostenere che la situazione ha raggiunto livelli di eccezionale gravità, e poi comportarsi "normalmente", e "normalmente" occuparsi dell’esistente: come se si agisse in una cornice e in un contesto di democrazia effettiva e di conoscenza garantita. Se le questioni sono, come a giudizio di chi scrive sono e sono sempre state: 1) Informazione; 2) Giustizia; 3) Diritto alla conoscenza; 4) Diritto al Diritto; è su questo che occorre concentrare le forze, le energie, le risorse, la riflessione, il dibattito. Il resto, con rispetto parlando, è fuffa. Proporre "altro", dopo aver detto che quei quattro punti sono l’essenziale, sostenendo magari che quell’ "altro" è "arricchente", "integra", rivela quantomeno miopia politica; e forse, chissà, gesuitiche riserve mentali da parte di chi, dopo aver prestato il giuramento di rito, in altro si impegna, perché è altro che preme, e letteralmente, interessa, perché altri sono gli interessi. Questo è il nodo, questo il problema, questo l’Hic Rhodus, hic salta dei radicali.
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