
08/10/10
Il Secolo d'Italia
«Berlusconi dice che mi ha cresciuto come un figlio? Mah, andiamo oltre...». Gianfranco Fini, al suo debutto da Santoro nella quinta edizione di "Annozero", respinge paternalismi e recriminazioni e va al sodo, senza sconti al premier su conflitto d'interessi e giustizia. Ospite della Rai e del programma in assoluto più "assediato" dalla politica (e inviso al premier) il presidente della Camera lancia subito una proposta all'insegna del mercato e della trasparenza, che immediatamente solleva un polverone.
Anche in studio, dove Luigi De Magistris, Daniela Santanché, Chiara Moroni e Maurizio Belpietro si confrontano sulla stagione dell'odio in cui è piombato il Paese. «Privatizziamo la Rai, lasciamo fuori i partiti», dice Fini. Un'idea che Futuro e libertà porterà presto all'attenzione del Parlamento e che tocca un nervo evidentemente scoperto, viste le reazioni. «Per privatizzare la Rai basta applicare la legge vigente», tuona il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri (così come il neoministro Romani) senza chiedersi perché finora (la legge porta la sua firma...) nessuno l'abbia mai messa in pratica.
Sul fronte dell'opposizione c'è il mezzo "no" del Pd, che denuncia il pericolo di "liquidazione" del servizio pubblico ma rivendica la necessità di garantire maggiore pluralismo e concorrenza, mentre l'Idv plaude alla cacciata dei partiti ma non alla vendita. Sì entusiasta dei Radicali - «Lo diciamo da anni», dice Staderini - altolà di comunisti, ironie di Capezzone, Storace e Butti la buttano sui parenti di Fini che avrebbero ottenuto appalti dalla Rai.
In ogni caso, da più parti si sottolinea la necessità di aprire un dibattito sulla governate dell'azienda di Stato, e questo è già un buon risultato politico, dopo annidi stasi. In sedici minuti di intervista concessa a Sandro Ruotalo nel suo studio di Montecitorio, il presidente della Camera parte dal conflitto d'interessi. «È un problema vero, e non di oggi, in Italia esiste un problema di concentrazione, come è vero che in altre democrazie europee si sono fatte leggi più stringenti. Qui chi è senza peccato, anche a sinistra, scagli la prima pietra. Mi auguro che si possa finalmente affrontare questa questione, quando avremo una situazione tranquilla, senza steccati, senza divisioni. L'informazione - spiega Fini - è un potere forte, la questione è delicata, a partire dalla Rai, per la quale credo sia arrivato il momento di privatizzare». Il presidente della Camera annuncia dunque una proposta di legge di Fli e aggiunge. «È giusto che i partiti restino fuori dalla Rai, che è un asset importante del Paese, da cui si possono incamerare risorse, ma bisogna fare attenzione a chi acquista, perché altrimenti il conflitto d'inter. essi sarebbe ancora più manifesto...». Rai, dunque. Ma non solo. La puntata di Michele Santoro si chiede se possa concludersi la stagione politica dell'odio. Fini raccoglie e formula un ulteriore invito alla riappacificazione del Paese, senza mostrare rancori personali e politici nei confronti del premier. «Governiamo», ribadisce.
«Crisi e urne anticipate non mi interessano, il premier ha il dovere di governare, noi quello di valutare le proposte, che d'ora in avanti andranno condivise». Condividere tutto, dunque, a partire dalla giustizia. Qui Fini non si dichiara "ostile" alla riforma. «Ma spiega - noi non vediamo con favore tutte quelle misure che danneggiano i cittadini o penalizzano i magistrati». Ed ecco che arriva l'affondo al Pdl, a quell'espulsione del 29 luglio nel quale si richiamavano presunti legami di Fini con i magistrati. «Non dimenticherò mai che in quel comunicato con il quale io vengo messo alla porta c'è scritto testualmente che sarei in combutta con le procure.
Chi lo ha scritto sicuramente non aveva una buona idea né di me né delle procure: combutta vuol dire un'associazione di lestofanti ...». Poi Fini spiega che anche nella magistratura, come in tutte le categorie, "possono esserci delle mele marce", «ma non dimentichiamo che in questi giorni ai giudici vengono consegnati dei bazooka...», dice, riferendosi alle minacce subite dal procuratore di Reggio Calabria. Processo breve, gli chiede Ruotolo? «Tutti i cittadini hanno interesse ad avere tempi certi sulla giustizia, ma francamente non è accettabile che una volta definiti i tempi massimi si preveda una norma retroattiva che finisse per cancellare i processi di chi ha il sacrosanto diritto di avere un giudizio». Via libera, invece, al lodo Alfano costituzionale, «che non considero lesivo dei diritti dei cittadini e della magistratura».
Il presidente della Camera sorride amaro alla domanda sulla commissione d'inchiesta sulla magistratura sollecitata da Berlusconi: «Credo che sia stata una proposta da comizio ma rapidamente archiviata: un pilastro della Costituzione è la separazione dei poteri...». Fini manda al premier messaggi chiari sul programma: «Oggi, lo hanno capito tutto, la maggioranza non è più un patto tra Pdl e Lega ma s'è costituita di fatto quella terza gamba che qualcuno ha cercato di esorcizzare fino all'ultimo, anzi, ce n'è anche una quarta, quella di Lombardo. D'ora in avanti non sarà sufficiente presentare delle proposte ma sarà necessario concordarle».
La domanda sulle elezioni anticipate arriva puntuale: «Prendiamo atto con viva soddisfazione che Berlusconi non le vuole più, lui ha diritto di governare e Fli di valutare le iniziative del governo». Stilla possibile modifica della legge elettorale, Fini rivendica il diritto dei cittadini a scegliere i propri rappresentanti, ma questo non significa necessariamente dover creare maggioranze alternative o governi tecnici: «Tutti quelli che conoscono la Costituzione, e lo stesso premier ieri lo ha ammesso candidamente, sanno che il capo dello Stato ha l'obbligo di verificare l'esistenza di una maggioranza in caso di crisi.
Ma io non auspico né crisi né elezioni», taglia corto Fini, liquidando poi come "ipotesi che crescono come fiori a primavera" quelle su possibili governo tecnici. Resta il tema di Fli. Fini esclude le sue dimissioni per incompatibilità - «Non sono un capopartito, svolto il mio ruolo politico come altri presidenti delle Camere» - e auspica che i futuristi possano conquistare in tre anni spazi tali da non consentire a Bossi e Berlusconi di poter andare da soli, poi evidenzia i punti di contatto su alcune questioni con Rutelli e Casini e ironizza su Bossi. «Non credo che si voti a marzo, Berlusconi ha la sua chiave interpretativa, veda se con le chiavi apre la porta perché la legislatura vada avanti. Ora Berlusconi ha il dovere di dimostrare che vuole governare». Resta la questione del giornali berlusconiani e di Montecarlo. «Il Giornale? A volte si toccano punte di comicità involontaria. Oggi titola che io sono contrario al federalismo: ma quando mai? Ho solo curiosità di vedere i decreti attuativi se penalizzeranno il sud...».
E sulla casa del cognato Giancarlo Tulliani, il presidente della Camera reagisce così: «È già la seconda domanda che mi fa... scherzo, va benissimo così», sorride. Poi spiega: «Questa vicenda mi ha colpito a livello familiare e politico, sono io il primo a voler conoscere la verità, se venisse fuori che la casa è di proprietà di mio cognato mi dimetterei, confermo, per una questione di etica politica. Ma ricordi la parabola della pagliuzza e della trave... Con me avevano auspicato il metodo Boffo, dopo tutto quanto si è speso siamo ancora fermi a Montecarlo. Sarei curioso di sapere come sono state favorite alcune azioni di informazione, il tempo è galantuomo...».
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