
La sentenza di morte non è stata ancora eseguita. Perché l'iter per abolire la commissione speciale della Regione Lazio per le Olimpiadi del 2020 ha compiuto solo il primo passo. E non è stato nemmeno semplice. La commissione Affari costituzionali, presieduta dall'udc Pietro Sbardella, infatti, ci ha messo due giorni, con annesso strascico polemico, per votarne all'unanimità la soppressione. L'ultima parola però spetta ancora all'aula del Consiglio. Ci vorranno almeno altre due settimane. Il premier Mario Monti ha detto no alla candidatura di Roma per i Giochi del 2020 il 14 febbraio scorso. Una delle decisioni prese dal governo per non finire come la Grecia visto che l'inizio del tracollo di Atene coincide proprio con l'organizzazione dei giochi olimpici del 2004. Dal niet di Monti sono passati quasi cinquanta giorni. Abbastanza per assorbire lo shock da parte della mega lobby pro Olimpiadi composta da politici bipartisan, costruttori e industriali. Ma il dubbio è che, in silenzio, dalle parti della Pisana si pensasse a un'operazione trasformistica, un po' come il cambio in corsa dell'assessorato in Campidoglio assegnato dal sindaco Gianni Alemanno a Rosella Sensi: non ci saranno le Olimpiadi? Non importa, ci sarà sempre qualche grande evento. In fondo proprio per questo era nata la commissione Olimpiadi nella Regione che non lesina poltrone a carico del contribuente: oltre alle sedici commissioni permanenti (il doppio di quelle della Lombardia) ce ne sono quattro (tra cui la suddetta) speciali. Con un bilancio, per quella olimpica, vergognoso: tre riunioni nell'arco di circa quindici mesi, per un costo - secondo le stime dei consiglieri del Partito radicale Rocco Berardo e Giuseppe Rossodivita - non inferiore a 300 mila euro. Riusciranno i consiglieri laziali a non buttare altri soldi?
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