
Il decreto salva-liste non si applica al Lazio, e il PdL di Roma rimane appeso al Consiglio di Stato. Nel guazzabuglio continuo di ricorsi, denunce ed esposti, l'ultimo colpo è stato messo a segno dal Tar del Lazio, ieri sera: bocciato il PdL. Respinta la sospensiva sul giudizio della Corte d'Appello, che aveva già pronunciato il primo stop il 3 marzo. In breve, non può essere ammessa la lista "della discordia", quella che sabato 27 febbraio non è stata depositata all'Ufficio elettorale, a causa di vari impedimenti. Silvio Berlusconi dice: andiamo avanti, Renata Polverini anche, ma il rischio di annullamento delle elezioni, si mormora, è davvero dietro lìangolo. Il coordinatore nazionale, Denis Verdini, però è sicuro: «Oggi il tribunale ci ammetterà». Ne sono certi anche i due capi-gruppi, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto.
OGGI TOCCA AL TRIBUNALE
Ci sono due organi giurisdizionali che procedono paralleli. La lista del PdL, infatti, proprio grazie al decreto varato dal governo e firmato dal presidente della Repubblica, è stata presentata in tribunale ieri mattina, ma in serata ci hanno pensato i giudici della seconda sezione del Tar a dire il niet alle richieste dei legali del Popolo delle Libertà. A questo punto, a parte le tensioni politiche e il clima funereo di alcuni dei consiglieri regionali uscenti, che vedono così svanire anche questa possibilità di tornare in partita, i passaggi tecnici della vicenda sono i seguenti.
Primo: oggi il tribunale deve dire se accetta la lista depositata, ieri mattina, dal Popolo della Libertà di Roma. Secondo: il PdL presenta ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar.
Ma perché i giudici del tribunale amministrativo regionale di via Flaminia hanno duramente respinto il ricorso del PdL? Semplice: perché il decreto del governo, motivano loro a conclusione dell'ordinanza, non si applica alla Regione Lazio, che ha una legge elettorale a parte (la numero 2 del 2005), fra l'altro voluta dall'allora governatore Francesco Storace. Ma non solo. I togati, nel dispositivo, entrano nel merito e insistono anche sul fatto che non vi è alcuna prova testimoniale che i due delegati del PdL (Alfredo Milioni, l'uomo del "panino" e Giorgio Polesi) fossero davvero all'interno dell'area dell`ufficio elettorale entro le ore 12 di sabato 27 febbraio. E ancora. Il plico con tutta la documentazione a corredo della lista fu portato via da esponenti della PdL alle 17 dello stesso giorno. Ma soprattutto, i giudici della seconda sezione bis del Tar del Lazio presieduta da Eduardo Pugliese, partono dalla considerazione che «l'articolo 1 comma 1 del decreto legge non può trovare applicazione perché la Regione Lazio ha dettato proprie disposizioni in tema elettorale esercitando competenze date dalla Costituzione». Dunque, osservano i magistrati, «a seguito dell'esercizio della potestà legislativa regionale, la potestà statale non può trovare applicazione nel presente giudizio». Ergo, il decreto qui non funziona.
IL RINVIO MOBILE
In aula, al termine della lettura, Pd e Italia dei Valori hanno urlato: «Evvai!», facendosi zittire dal presidente della Corte. In particolare, il senatore dell'Italia dei Valori, Stefano Pedica, ha subito sbandierato: «Questa è una prova che esiste la legalità». Ringalluzziti anche i legali di Radicali e del Pd, tra cui l'immancabile Luca Petrucci avvocato, fra gli altri, di Piero Marrazzo, finalmente allegro dopo mesi. Per molti di loro «il Tar è entrato proprio nel merito e adesso per il Consiglio di Stato sarà difficile ribaltare questa sentenza». Delusi, ovviamente, gli avvocati del PdL, che non attendevano una tale risposta (le motivazioni saranno rese pubbliche stamattina). Ma la delusione ha lasciato ben presto spazio alla lucidità. Ignazio Abrignani, il responsabile elettorale del PdL, ha fatto sapere che «c'è una legge dello Stato che è in vigore e che il Tar non può dichiarare incostituzionale. Per Federico Freni, un altro legale dello staff del PdL, «il Tar non ha tenuto conto del rinvio "mobile". Infatti, la legge del Lazio prevede un rinvio cosiddetto mobile alla legge statale per tutto quanto non sia disposto da questa legge regionale. E ciò è proprio il caso in questione». Per cui, è sbagliato dire che il decreto (statale) non va bene perla Regione Lazio. Non solo funziona, ma è previsto in casi come questo. I tempi, comunque, stringono. Entro il 13 deve essere chiuso tutto. E sabato, il giorno in cui la sinistra ha convocato la grande adunata di piazza. Si spera che il Consiglio di Stato si pronunci prima. Oggi, ironia della sorte, i radicali saranno riuniti in assemblea. Dopo l'approvazione del decreto legge, Emma Bonino, sfidante di Renata Polvermi, aveva fatto sapere di non essere più così sicura di scendere in campo. Difficile che tenga il punto dopo la sentenza del Tar: di sicuro il Pd non le lascerà fare passi indietro.
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