
Che la responsabilità civile dei magistrati sia un “nervo scoperto” della legislatura è, ormai, un fatto risaputo, ragion per cui ben si comprende l’atteggiamento del Quirinale che cerca in tutti i modi di sollecitare le forze politiche a discutere in maniera pacata della questione. Ieri, in apertura del plenum il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Michele Vietti, ha riferito sull’incontro avuto con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano lo scorso 6 luglio: «Sulla responsabilità civile dei giudici - ha detto - il presidente della Repubblica auspica che si pervenga a soluzioni equilibrate, particolarmente meditate e condivise». «Conformemente al mandato ricevuto dal plenum - ha spiegato il numero due dell’organismo di autogoverno dei magistrati - mi sono recato dal presidente della Repubblica per rappresentargli le preoccupazioni del Consiglio superiore della magistratura circa le proposte di modifica del regime della responsabilità civile dei magistrati, sulla base della deliberazione a suo tempo assunta dal Consiglio». Napolitano, ha poi sottolineato l’avvocato torinese chiamato ad occupare una delle poltrone più “calde” della macchina della giustizia - «mi ha assicurato che segue con grande attenzione il provvedimento all’esame delle Camere, di cui conosce delicatezza e rilevanza e mi ha assicurato altresì che non avrebbe mancato di sollecitare al governo la stessa attenzione, come ha iniziato a fare il giorno stesso nel corso dell’udienza concessa al ministro della Giustizia».
Al di là delle singole posizioni politiche non può non essere rimarcata la circostanza che la responsabilità civile dei giudici è un argomento sul quale ormai da 25 anni si dibatte in Italia e che ancora trascina con sè irrisolte problematiche. Come è noto sul punto si è espresso il corpo elettorale attraverso il referendum proposto dai radicali nel 1987 e conclusosi con una netta affermazione del “sì”. Poco dopo, però, il Parlamento approvò la legge 13 aprile 1988 numero 117 sul “Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati” (“Vassalli”), in base alla quale la responsabilità di eventuali errori non grava sul magistrato ma sullo Stato, che successivamente può rivalersi sullo stesso ma solo entro il limite di un terzo di annualità dello stipendio. A quanto pare dall’epoca della sua entrata in vigore, nessuna sentenza di condanna è mai stata pronunciata sulla base di tale norma.
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