
Nella notte che le ha regalato un posto nella Storia della politica americana, Nancy Pelosi ha dovuto accettare il compromesso che non avrebbe mai voluto. Per salvare la riforma sanitaria, la prima donna Speaker della Camera, ardente paladina della libertà di scelta in materia d’aborto, ha ceduto alle richieste di una parte dei suoi democratici, aprendo la strada a restrizioni severe, che proibiscono a ogni polizza medica acquistata con i sussidi del governo di coprire anche le interruzioni di gravidanza.
È stata una scelta inevitabile. Senza la quale gli antiabortisti della maggioranza avrebbero sicuramente fatto mancare il loro appoggio alla legge, approvata con appena due voti di scarto sopra il quoziente necessario. Ma l’esito e la lunga battaglia notturna lasciano nel Partito democratico una ferita aperta.
Uno dopo l’altro, i leader dell’ala progressista hanno criticato la versione finale del progetto di riforma, anche se alla fine, parole loro, «si sono turati il naso» e l’hanno votato. Dopo ore di durissima trattativa, cui hanno preso parte anche rappresentanti della Conferenza episcopale cattolica, Pelosi alla fine ha ammesso alla votazione in aula l’emendamento di due deputati democratici, Brad Ellsworth dell’Indiana e Bart Stupak del Michigan, che proibisce alle compagnie d’assicurazione che partecipano alla cosiddetta «borsa» delle polizze di coprire le interruzioni di gravidanza. Il dibattito è stato di fuoco. Ad accentuare il tono drammatico, fuori da Capitol Hill un gruppo di dimostranti anti-abortisti ha inscenato una manifestazione con gigantografie di feti abortiti. L’emendamento è passato con 240 voti a favore, 194 contrari e un repubblicano dell’Arizona astenuto.
A convincere Pelosi e la leadership democratica a fare il compromesso è stata anche la mobilitazione della Conferenza episcopale negli ultimi dieci giorni. Favorevoli alla riforma sanitaria, i rappresentanti dei vescovi hanno invitato i parroci di tutto il Paese a sollevare il tema nelle Chiese, sollecitando i fedeli a contattare i Congressman delle loro circoscrizioni e a pregare per il successo delle modifiche anti-abortiste alla legge.
La guerra civile democratica sull’aborto rispecchia la varietà della nuova maggioranza, dove accanto ai deputati eletti nei tradizionali collegi progressisti, ci sono ora quelli che nel 2006 e 2008 hanno vinto il mandato in circoscrizioni moderate, dove i gruppi «pro-life» sono molto attivi.
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