
Si è aperto in mattinata a Pechino, nella Grande Sala del Popolo di Piazza Tienanmen, il XVIII Congresso del Partito Comunista Cinese. Per la Cina si tratta dell’appuntamento politico più importante del decennio, che segna la fine dell’amministrazione del presidente Hu Jintao e del premier Wen Jiabao: giovedì prossimo, a Congresso finito, si conosceranno i nomi e i volti dei leader incaricati di guidare la Nazione fino al 2022. Al Congresso sono presenti oltre 2.300 delegati del Pcc, che nomineranno il Comitato Centrale composto da circa 350 persone. Questo organismo, a sua volta, nominerà i 25 seggi del Politburo e soprattutto esprimerà i nomi dei leader che siederanno nel Comitato Permanente del Politburo, il vero cuore del potere cinese.
Dopo un breve discorso introduttivo del portavoce del Pcc, Cai Mingzhao, il palco è stato tutto per il discorso di apertura di Hu Jintao, segretario del partito e presidente della Repubblica. Nel corso di quasi due ore di discorso, punteggiate da poche pause e dagli applausi di rito, il leader uscente ha tracciato un bilancio dei suoi dieci anni di amministrazione, indicando alcune linee per il prossimo futuro. Come riportato da AgiChina24.it, ha nuovamente escluso qualsiasi riforma politica in senso multipartitico: «Dobbiamo continuare a promuovere sforzi attivi, e nello stesso tempo prudenti, per perseguire una riforma della struttura politica ed estendere la democrazia popolare», ha detto Hu, «ma non copieremo mai i sistemi politici occidentali». Con buona pace di molti analisti, che ritenevano che il pensiero di Mao Zedong sarebbe stato archiviato in sordina, il segretario ha nominato almeno tre volte il “Grande Timoniere”, padre fondatore della Repubblica Popolare Cinese.
Hu si è scagliato con particolare durezza contro la corruzione, un problema che nell’ultimo anno è esploso con lo scoppio dello scandalo Bo Xilai. L’ex leader di Chongqing è in attesa di processo dopo la condanna della moglie Gu Kailai per l’omicidio di Neil Heywood, un uomo d’affari britannico che avrebbe aiutato la famiglia Bo a nascondere all’estero ingenti capitali illeciti. Quello del segretario, riferisce AgiChina24.it, è suonato quasi come un allarme: secondo Hu, il Pcc deve impiegare «tutti i suoi sforzi nella lotta alla corruzione, promuovere l’integrità e mantenersi vigile contro ogni degenerazione» perché «se falliamo nel gestire tale problema in maniera adeguata, la corruzione potrebbe dimostrarsi fatale per il partito, e anche causare un collasso dello stesso partito e dello Stato».
Sul fronte economico, il segretario ha invocato uno sviluppo «più bilanciato, coordinato e sostenibile» dopo un decennio in cui la Cina è diventata la seconda economia globale, avvertendo tuttavia enormi squilibri interni nella distribuzione della ricchezza. «Entro il 2020 dobbiamo raddoppiare il Pil raggiunto nel 2010 e il Pil pro capite, tanto per i residenti urbani quanto per quelli rurali», ha avvertito Hu.
Si tratta di un obiettivo che, a detta degli analisti, comprende una crescita annua media intorno al 7 per cento, inferiore quindi ai risultati raggiunti negli ultimi anni. Hu anche invocato una riforma per adeguare maggiormente il tasso di cambio dello yuan ai criteri di mercato, senza tuttavia rinunciare al ruolo centrale delle imprese di Stato.
I brani del discorso di Hu Jintao relativi alle questioni militari possono quasi sembrare un monito a molti Paesi vicini: il segretario del Pcc ha sottolineato infati che la Cina deve diventare «una potenza marittima», in un chiaro richiamo alle numerose contese territoriali che oppongono Pechino al Giappone e a vari Stati del Sud-Est asiatico. L’Esercito, ha spiegato poi Hu, «deve essere in grado di portare avanti diversi compiti, il più importante dei quali è la vittoria di una guerra locale, ai tempi dell’era dell’informazione».
Il XVIII Congresso del Pcc si concluderà mercoledì prossimo, e giovedì il Partito presenterà la nuova squadra di leader al comando fino al 2022. Se la nomina di Xi Jinping alla successione di Hu Jintao e quella del vice premier Li Keqiang al ruolo di primo ministro appare ormai scontata, la lotta politica si svolge intorno al Comitato Permanente del Politburo, i cui seggi potrebbero essere ridotti da nove a sette. Molti analisti ritengono che nella contesa per la successione abbia svolto un ruolo centrale l’ex segretario Jiang Zemin, 86 anni, leader massimo fino al 2002, che dopo il ritiro non occupa alcun ruolo formale. Nel corso della cerimonia di apertura le telecamere interne hanno inquadrato proprio Jiang Zemin subito dopo Hu Jintao: un probabile segnale della notevole influenza che il “grande vecchio” esercita ancora sulla politica cinese. Stando a diverse voci circolate nelle ultime settimane, molti degli uomini che formeranno il prossimo Comitato Permanente del Politburo fanno parte della fazione di Jiang. La cordata di potere, detta a volte `Cricca di Shanghai´, è favorevole a maggiori aperture alle riforme di mercato rispetto al gruppo di Hu Jintao, che negli ultimi dieci anni si è concentrato su politiche adatte ad accorciare le immense distanze tra ricchi e poveri, e a promuovere il benessere nelle fasce più deboli della popolazione.
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