
28/10/10
Il Fatto Quotidiano
È una brutta notizia la condanna a morte di Tareq Aziz. Prima di discutere questo evento, che presenta al mondo il nuovo dispotismo iracheno (l'esecutivo, pur senza Governo, decide inizio, fine e sentenza di un processo), è bene dire con chiarezza che in tutta questa storia di arbitrio, di violenza e di sangue non entra in alcun modo un giudizio su Tareq Aziz. Quel giudizio non potrebbe essere buono. Tareq Aziz è stato fino all'ultimo il numero due di Saddam Hussein. Possono esserci o non esserci prove di sue attività persecutorie a sostegno del dittatore. Di certo non vi è stato alcun distacco o dissociazione.
UN IRAQ NUOVO e libero non avrebbe dovuto uccidere Saddam Hussein, in una esecuzione che si è svolta come un delitto di malavita. Un Iraq che vuol farci credere a una sua nuova ricostruzione democratica non deve uccidere Tareq Aziz come trovata per inaugurare la sua esistenza con la morte, persino se il processo (praticamente segreto e di cui non esistono informazioni) avesse accertato tutte le colpe di cui è realisticamente accusato e accusabile l'ex vice primo ministro iracheno. C'è una ragione morale più grande di tutti gli eventi e di ogni elenco di colpe: no alla pena di morte, che è sempre barbara, sempre ingiusta, sempre arbitraria, sempre feroce.
Ciò che dirò, dopo questa persuasione che non è di tutti, benché sia così clamorosamente evidente (ma che sta guadagnando spazio e adesioni nel mondo, per merito dei Radicali che hanno conquistato, su questo punto cruciale, il Parlamento Italiano e poi, con il buon lavoro della diplomazia italiana, il Parlamento Europeo e l'Assemblea Generale dell'Onu) non dovrebbe essere letto come un supplemento di ragioni. Piuttosto come la dimostrazione che la pena di morte è sempre folle, spesso in malafede e che certi aspetti vistosi nella vita e nei fatti dei Personaggi storici mostrano con speciale chiarezza l'assurdo degli omicidi di Stato.
Primo. Tareq Aziz è l'ultimo e l'unico testimone. Lo è di uno spaventoso regime ma anche di una guerra almeno altrettanto spaventosa cominciata troppo presto per ragioni troppo oscure e al rullo dei tamburi di una propaganda falsa, inventata. Grave offesa alla democrazia dei Paesi coinvolti, dagli Stati Uniti alla Polonia, all'Italia, alla Spagna. C'è al centro dell'improvvisa esplosione del più aspro e lungo e sanguinoso conflitto dopo la Seconda guerra mondiale (e dopo l'Afghanistan), la storia falsa delle armi di distruzione di massa, che non esistevano e non sono mai esistite, ma si è chiesto al mondo democratico di sospendere ogni libertà di giudizio e di credere.
Secondo. Tareq Aziz è l'unica persona viva che può dire se è vero che la guerra, con gli orrori e il numero dei morti che ci rivela ora Wikileaks, non solo era fondata su falsi motivi ma si doveva e si poteva evitare. Non per l'invocazione pacifista ma per un paziente, fitto, instancabile lavoro diplomatico che era sul punto di riuscire! La trama tessuta da Marco Pannella ed Emma Bonino, tra diplomatici, cancellerie e Nazioni Unite (con il sostegno di almeno un centinaio di deputati e senatori italiani e di parlamentari europei) per ottenere il ritiro dal potere di Saddam Hussein in cambio di una occupazione senza distruzione e al solo fine di dare vita ad un sistema democratico, non dopo le bombe ma prima, e senza sangue.
TUTTI GLI STUDIOSI i narratori, i registi di film sulla guerra in Iraq, hanno in comune una scena (che si può vedere in questi giorni in Italia nel film Fair Game - Caccia alla spia). E quella in cui il Presidente Gorge W. Bush appare improvvisamente sugli schermi delle tv americane e del mondo per annunciare che "la guerra è già cominciata", tagliando una manciata di ore che avrebbero consentito all'accordo ormai raggiunto di compiersi e bloccando tutto con il peso immenso e irreversibile della guerra. Strano, e da ricordare, che la guerra e la pace venivano dall'Italia. Lo dimostra il libro The Italian letter di Peter Eisner e Knut Royce.
Il documento su cui Bush ha basato il suo discorso di guerra come estrema prova delle armi di distruzione di massa (che ha stupito gli esperti prima ancora del mondo) era un falso costruito in una redazione giornalistica a Milano. Ma anche la rimozione di Saddam Hussein veniva dall'Italia. Stava per essere l'esito di un abbattimento non violento e bene organizzato dei portatori della guerra molto simile all'utopica, ma più perfettamente riuscita, moratoria sulla pena di morte. Un lavoro ostinato, paziente, con tanti, con tutti: scambiare il potere con la pace. Non uccidete Tareq Aziz. Potrà rispondere a Marco Pannella che ha iniziato lo sciopero della fame e (da ieri) della sete per farsi ascoltare. Non uccidete Tareq Aziz. Non era buono, non era migliore degli altri, ma sa tutto, e di quelle ore è 1'ultimo testimone.
L'AUDIZIONE PANNELLA IN COMMISSIONE
Oggi Marco Pannella sarà ascoltato alla commissione Esteri della Camera in merito alla condanna a morte di Tareq Aziz. Oltre al fatto che i Radicali, da sempre, si battono contro la pena capitale, l'audizione di Pannella dovrebbe vertere anche sul fatto che, nel 2003 prima che fosse ingaggiata la guerra in Iraq- Saddam Hussein pensasse all'esilio e le missioni diplomatiche di Aziz lo confermano.
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