
Gli scandali degli ultimi mesi insegnano due cose: che la politica eroga troppi soldi, e che spesso chi li percepisce non è tenuto nemmeno a rendicontare in modo adeguato l'uso che ne fa. Finalmente le cose potrebbero cambiare, grazie a due emendamenti al decreto crescita di matrice genovese.
Il primo è stato presentato da Roberta Pinotti assieme a Marco Perduca e Roberto Di Giovampaolo, e prevede l'obbligo di pubblicazione online dei bilanci di chiunque ottenga, a qualunque titolo, contributi pubblici. In testa al bilancio, se la norma verrà approvata, dovrà essere esplicitata la presenza di tale finanziamento e il modo in cui è stato utilizzato. L'altro emendamento, a firma Enrico Musso, chiede alle società controllate o partecipate da enti pubblici di rendere disponibile il bilancio sui rispettivi siti.
Lo spirito di queste proposte - perfettamente coerenti e in parte addirittura coincidenti, perché spesso le società pubbliche vivono di trasferimenti pubblici - è che, se i cittadini hanno facile accesso all'informazione, è relativamente più difficile arraffare soldi pubblici e farla franca. Come dire: se la strada è bene illuminata, fare il borsaiolo è più rischioso. Che la trasparenza sia una priorità lo dimostra, per esempio, lo stupore con cui gli italiani hanno appreso dai giornali della facilità e dell'opacità con cui i gruppi politici possono spendere i finanziamenti ricevuti, al punto da fare impunemente shopping di diamanti, automobili e altre amenità. Ma lo conferma pure una rapida navigazione sui siti delle società partecipate dai Comuni (per esempio Genova), che raramente mettono a disposizione i loro documenti contabili.
A volte si arriva a risultati paradossali: come Istituto Bruno Leoni abbiamo tentato di raccogliere i bilanci di alcune Asl per passarli al microscopio. Abbiamo ottenuto le risposte più improbabili, inclusa un'azienda sanitaria che ha replicato in carta protocollata: "in relazione alla Sua richiesta del 20 aprile u.s., spiace comunicare che per motivi di opportunità non è possibile dare riscontro alla nota". Come se il bilancio di un ente pubblico andasse celato per ragioni di sicurezza nazionale! C'è da augurarsi, dunque, che gli emendamenti di Pinotti e Musso siano approvati: se così fosse, la parola "trasparenza" acquisterebbe, finalmente, un significato pieno, e smetterebbe di essere uno slogan buono per tutti e utile a nessuno.
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