
Presidenza del partito, capigruppo alla camera e al senato: il dibattito sulle nuove figure apicali del Partito democratico ruota attorno a queste tre caselle da riempire, con poche certezze, parecchie variabili e troppi paletti da rispettare. L’elezione di Rosy Bindi alla presidenza dell’assemblea, se non può essere ancora data come definita, appare al momento come l’ipotesi più probabile. La vicepresidente della camera non ha alcuna intenzione di lasciare il suo posto a Montecitorio e questo la chiama fuori dalla partita per il capogruppo.
Una partita che Bersani avrebbe preferito rimandare alla primavera, ma che invece ha subito un’improvvisa accelerazione, per la richiesta degli uscenti Finocchiaro e, soprattutto, Soro di sciogliere il nodo al più presto.
I due gruppi non hanno ancora fissato ufficialmente le rispettive assemblee, ma non andranno molto al di là del 7 novembre, quando Pier Luigi Bersani si insedierà ufficialmente come segretario.
La presidenza di uno dei due gruppi dovrebbe essere appannaggio della minoranza franceschiniana di Area democratica.
I nomi forti che questo gruppo può esprimere a Montecitorio (dando per scontata la mancata riconferma di Soro, che si è tirato fuori dalla corsa) sono quelli dello stesso ex segretario, di Pierluigi Castagnetti e di Piero Fassino. I primi due, però, non si dichiarano disponibili e il terzo aprirebbe un altro problema: la presenza di due ex ds ai vertici dei due gruppi.
Anna Finocchiaro, infatti, è disponibile a rimanere al suo posto e, d’altra parte, se non venisse confermata sarebbe complicato affidarle un incarico di pari importanza. A meno che Emma Bonino non liberi la vicepresidenza del senato per correre come candidato del centrosinistra nella regione Lazio. Ipotesi che però appare improbabile.
Contro la riconferma della Finocchiaro gioca anche un’altra variabile. La componente di Area democratica può contare su una presenza più massiccia a palazzo Madama (dove detiene la maggioranza assoluta del gruppo) piuttosto che a Montecitorio, dove la maggioranza (tenuto conto degli ex veltroniani che hanno sostenuto Bersani, dei radicali e della pattuglia di Marino) sarebbe solo relativa. Inoltre, al senato Franceschini potrebbe proporre diverse candidature forti, a partire da Paolo Giaretta e dall’attuale vicecapogruppo Luigi Zanda. Per completare il quadro, a guidare i deputati dem andrebbe Enrico Letta. Le controindicazioni? Il ruolo da assegnare alla Finocchiaro, come detto, e il fatto che tutte e tre le caselle in bilico andrebbero a tre ex dielle. Va bene il “rimescolo”, ma è difficile prescindere ancora da alcuni equilibri.
Non è escluso, quindi, che la difficoltà a far quadrare il cerchio possa indurre Bersani a fare pressioni su Franceschini perché accetti personalmente o eserciti la propria moral suasion su Castagnetti: una figura autorevole, che ha già svolto questo ruolo in passato e manterrebbe invariati gli equilibri interni.
© 2009 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati