
In tema di libertà della ricerca in Italia, l’ultimo numero della rivista «Nature» riporta la notizia della bocciatura del ricorso presentato in ottobre al Consiglio di stato da tre ricercatrici, Elisabetta Cerbai, Elena Cattaneo e Silvia Garagna.
Il ricorso riguardava le limitazioni, ritenute ingiustificate dalle ricercatrici, contenute in un bando emesso dal ministero della Salute per i finanziamenti alla ricerca biologica sulle cellule staminali. Il bando era stato preparato da una commissione di esperti senza che venissero inserite ulteriori restrizioni. Anche la ricerca sulle embrionali - perfettamente legale in Italia, sia pure limitata, per effetto della legge 40, alle linee cellulari importate dall’estero - doveva dunque rientrare nei possibili finanziamenti. Invece la stesura finale del testo aveva finito per escluderla.
Chi aveva introdotto quella limitazione? Il giallo resta del tutto irrisolto. È ciò che già sottolineava «Nature» all’inizio di luglio, commentando la precedente sentenza negativa del Tar del Lazio. La frase che escludeva le embrionali sembra non essere stata richiesta da nessuno, come si evince da un’analisi accurata dei verbali disponibili. Il fatto grave, denunciato su «Nature», è che nessun organismo pubblico si sia assunto la responsabilità di una così palese limitazione della libera ricerca.
In luglio il Tar aveva dichiarato illegittimo il loro primo ricorso in quanto non sarebbero i singoli ricercatori, ma le istituzioni (università, ospedali, eccetera) a essere gli unici titolari del diritto di ricorrere contro eventuali illegalità contenute nel bando. E ciò a dispetto della norma costituzionale che tutela i diritti dei singoli ricercatori. Ora il Consiglio di stato definisce illegittima la richiesta delle ricercatrici di "vincolare" il governo a finanziare un certo tipo di ricerca.
In realtà, ribattono le ricorrenti, la richiesta era di togliere dal bando il "divieto" di finanziare un certo tipo di ricerca, senza mettere in discussione la liceità dei governi di decidere linee strategiche di ricerca. «Anche noi riconosciamo - affermano - che un governo possa e debba legittimamente stabilire, "in positivo", di destinare i finanziamenti a settori della ricerca che ritiene strategici e consentiti dalla legge (e assumersene le responsabiltà di fronte all’opinione pubblica). Ma questa è cosa ben diversa dal "vietare" di finanziare un’altra tipologia di ricerca pertinente e afferente al medesimo ambito individuato come "da finanziare" da parte dello stesso governo. Sembra una sfumatura ma non lo è».
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