
Mentre gli avvocati di Filippo Penati preparano le carte per un nuovo ricorso, Roberto Formigoni prosegue il suo pressing sul Tribunale di Milano. Dopo la prima vittoria in Tribunale, il governatore pretende che qualcuno «presenti le sue scuse per aver tenuto i nostri elettori nell'incertezza per una settimana». Ovvero da lunedì - giorno della prima esclusione della lista "Per la Lombardia" - fino a sabato, quando il Tar ha ribaltato la sentenza della Corte d`Appello giudicando del tutto irregolare la procedura seguita per squalificare il Celeste dalla corsa.
Come ripetuto neigiorni scorsi dal PdL lombardo, i Radicali non avrebbero neanche potuto presentare l'istanza di riesame sulle firme depositate dagli azzurri, E così «alla fine è stato riconosciuto che la presentazione della nostra lista era valida e che non siamo noi ad avere sbagliato ma chi ha voluto negare, seppure temporaneamente, il diritto di partecipare alla competizione elettorale». Chi ha sbagliato porta una toga. E ora, spiega Formigoni, «dovremo spiegare bene ai nostri elettori cosa è successo con questa vicende delle liste per evitare che la confusione ingeneratasi provochi un aumento delle astensioni». Cosa che, in realtà, non sembra probabile. Al contrario, secondo alcuni songaggi il caos-liste avrebbe fatto guadagnare qualche punto al centrodestra in Lombardia, riportando l'attenzione su una campagna elettorale che, visto l'esito scontato, non suscitava grandi emozioni.
Il Pd, nel frattempo staprovando a fare di tutto per sfruttare questo caso a vantaggio di Filippo Penati. Il candidato del centrosinistra alle regionali ha deciso ieri sera di legare le sorti della Lombardia a quelle di Renata Polverini. «Se venisse confermata la volontà del PdL di ricorrere al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar del Lazio», ha spiegato l'ex presidente della Provincia, «è evidente che tale circostanza farebbe venire meno le ultime perplessità che mi rimangono per fare lo stesso in Lombardia». Un'ipotesi tutto sommato poco conveniente per i democratici: in caso di azioni legali da parte dei Pd, gli azzurri presenteranno un esposto per denunciare le gli errori presenti nelle firme presentate da Penati. La guerra delle carte bollate finirebbe per travolgere tutti, con un solo risultato: quello di dover rinviare le elezioni. Un rischio che, parola di Roberto Maroni, anche in Lombardia esiste ancora.
Per gli avvocati Pd, inoltre, c'è un altro pericolo anche maggiore. Il decreto legge, secondo i legali, «travolge i principi fondamentali della democrazia. Difficilmente la Corte Costituzionale potrà ritenere legittimo» questo provvedimento. Con la conclusione che "il risultato delle elezioni del 28 e 29 marzo corre il serio rischio di essere invalidato».
Nel pomeriggio, in realtà, la tensione tra sinistra e destra a Milano sembrava essersi allentata. Il vicepresidente Pd Enrico Letta si era addirittura rimangiato alcune delle accuse lanciate dai suoi sabato: «Era chiaro che il Tar avrebbe riammesso Formigoni, noi abbiamo sempre detto che non avremo voluto fare le elezioni senza Formigoni e senza una parte rilevante dell'elettorato». La sentenza su Formigoni, quindi, era praticamente già scritta. Avevano regione gli azzurri a lamentarsi. La cosa, però, non ha impedito ai democratici di prodursi in accuse pesantissime contro il governatore definito «un baro» da Penati. Secondo il segretario regionale Maurizio Martina, infatti, il decreto aveva «pesato eccome sulla decisione del Tar».
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