
Di Gianfranco non mi fido, continuo a non fidarmi. Lancia messaggi rassicuranti, poi manda avanti i suoi a menare fendenti». Salotto di Arcore, il premier Silvio Berlusconi guarda l’avversario in tv, il presidente della Camera Fini che vorrebbe dimissionario subito, se solo potesse sfiduciarlo. Non lo convince, di certo non intende lasciare a lui lo scettro delle riforme. Perché è su quel terreno che adesso si giocala partita più delicata della legislatura. Il Cavaliere sceglie una messaggio agli italiani in stile «presidenziale», preconfezionato per i tg, per lanciare il suo richiamo ai «nostri padri» costituenti che «seppero superare le differenze politiche» e il proposito di «scrivere una nuova pagina della storia». È il Berlusconi dialogante che tende la mano all’opposizione, a modo suo. Come già aveva cominciato a fare in direzione Pdl («Riforme condivise»). Il fatto è che nell’ottica del premier, né Bossi, né Fini dovranno sedere alla regia del confronto con l’opposizione, Pd in testa. Quel ruolo Berlusconi lo ha ritagliato per sé e intende svolgerlo in prima persona, da Palazzo Chigi. Tanto più che i nodi interni al Pdl, per lui, restano irrisolti.
I toni rassicuranti ai quali ha fatto ricorso il presidente della Camera nello studio dell’Annunziata sembra non abbiano ammorbidito il Cavaliere, tanto meno le sue parole lo hanno fatto sentire al riparo dai contraccolpi della neonata minoranza interna. E dire che Gianfranco Fini ce l’ha messa tutta. Promettendo che «non ci saranno imboscate in Parlamento», che non fonderà un nuovo partito, impegnandosi a incontrare Bossi. «E’ un doppio gioco» sentenziano nel ristretto cerchio berlusconiano. La carota di Fini in tv fa il paio col bastone agitato dai suoi. Da Villa San Martino a Roma, non è passata inosservata l’intervista di ieri a Repubblica del direttore dì FareFuturo Alessandro Campi e quel «se salta tutto, pronti al governo tecnico».
Lo stato maggiore non ha gradito e se n’è fatto portavoce il vicecapogruppo Osvaldo Napoli parlando ormai di «zona grigia del finismo: Campi a nome di chi parla? Troppe furbizie e artifici». Come pure, a sentire i berluscones, «puzza di tatticismo» la mossa con la quale il vicecapogruppo finiano Italo Bocchino ha lasciato intendere in un colloquio col Corriere della Sera che potrebbe rassegnare le dimissioni. «Una trappola», è la lettura. Perché la vicepresidenza del gruppone Pdl (allaCamera270deputati) è legata alla presidenza del berlusconiano Cicchitto. Insieme sono stati eletti e insieme dovrebbero lasciare l’incarico, qualora Bocchino davvero si facesse da parte. Ma in quel momento, il finiano non ne fa mistero parlando coi suoi- si ricandiderebbe al ruolo di capogruppo. Perderebbe, certo, ma i voti che incasserebbe del drappello di 39 deputati finiani metterebbero nero su bianco, anche in quella sede, l’esistenza di una minoranza interna. Proprio lo scenario che il premier Berlusconi vuole scongiurare. Ragioni ancora più delicate stanno inducendo i falchi vicini al Cavaliere, da Maurizio Gasparri a Denis Verdini, a desistere dal proposito di consumare tra un mese la vendetta più scontata. II 22 maggio, a due anni dall’inizio della legislatura, andranno al rinnovo le presidenze delle commissioni. Tre sono occupate ad oggi da finiani doc. Giulia Bongiorno alla delicatissima commissione Giustizia di Montecitorio, Silvano Moffa al Lavoro e Mario Baldassarri alla commissione Finanze del Senato. «Ma se sfiduciassero i nostri, quei due-tre parlamentari decisivi di cui disponiamo potrebbero mettere a rischio la maggioranza in tutte le commissioni» ragiona per assurdo Carmelo Briguglio. Come dire, il gioco della ritorsione non varrebbe la candela di una guerriglia in Parlamento. Insomma, per dirla col ministro Gianfranco Rotondi, «difficile per ora che tutto torni come prima: il vero banco di prova saranno le votazioni su intercettazioni e giustizia. Le idi di marzo sono alle spalle, ma ora ci sono quelle di maggio».
Oggi, incontrando nuovamente a Montecitorio i deputati e senatori rimasti al suo fianco (ma non ci saranno tutti e 54), Fini spiegherà la strategia, in parte anticipata ieri: «Nessuna imboscata», nuovo invito alla cautela, soprattutto a «non fornire pretesti». Poi, altro passaggio tv forse domani a Ballarò. Iperattivismo del presidente della Camera, in questa sorta di new deal in stile speaker Usa Nancy Pelosi, che lo porterà mercoledì a incontrare Luca Cordero di Montezemolo.
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