
La miglior sintesi del fuori programma muscolare andato in scena alla conferenza stampa berlusconiana di ieri arriva dalla France Presse: «Italie: un journaliste malmené par le ministre de la Défense en personne». «Italia, un giornalista malmenato dal ministro della Difesa in persona».
Ecco: più o meno è andata così, in via dell'Umiltà. Il ministro Ignazio La Russa, filmato e fotografato da giornalisti di tutto il mondo, rispondendo in automatico a un insopprimibile Dna, ha strattonato, preso per la giacca, tirato per la sciarpa, messo le mani addosso a un sedicente giornalista, Rocco Carlomagno.
E' passata da poco l'una. Il personaggio in questione, già noto alle cronache per essere un provocatore "bipartisan", sta esibendosi in una serie urlata di domande al premier sul decreto salva-liste, sulla corruzione, le tangenti, Bertolaso. La conferenza stampa ha preso una brutta
piega (per la verità già iniziata con i fischi e i buuh a Berlusconi ancor prima che varcasse il portone). Brusio dalle prime file, con Bonaiuti, Cicchitto, una Renata Polverini pallida, e vestita di nero. Il premier, già provato dalla sua improbabile ricostruzione sulla vicenda elettorale,
blocca l'intruso: «Lei non può intervenire, non è il suo turno... Volete accompagnare gentilmente quel signore alla porta?».
I bodyguard con auricolare sono pronti a eseguire, ma La Russa li ferma, decide di andarci lui, a "calmare" questo Carlomagno. E' laggiù in mezzo ai giornalisti, un fascio di giornali appoggiato sulle gambe. «Adesso basta! Stai zitto!». La Russa gli si siede accanto. Si girano le telecamere: «Io non sto zitto, io parlo! Qua avete preconfezionato tutto!». «Lei è un villano, si vergogni!», sibila spazientito Berlusconi. E l'altro: «Dimettiti!». Intanto si informano. Chi sarà
mai «il provocatore», chi l'ha fatto entrare. Indagine rapidissima dell'infaticabile ministro della Difesa: non è un giornalista, non è nemmeno iscritto all'Albo. «Sono un freelance!», giura Carlomagno e insiste, la voce acuta, lo sguardo fisso: «Presidente, che ci dice delle tangenti di Bertolaso?». Il cerone dà i primi segni di cedimento: «Questa è una conferenza stampa per giornalisti, non per individui come lei. La trovo volgare e anche ridicolo». Poi l'affondo
estetico: «Capisco la sua rabbia. Tutte le mattine, quando va a pettinarsi, davanti allo specchio lei si vede e si è già rovinato la giornata». E' il momento di farlo smettere. «Le sarà chiesto di rilasciare le sue generalità affinché il capo della Protezione Civile possa denunciarla», liquida secco Berlusconi.
La Russa, duro e puro, non ce la fa più, afferra per il bavero Carlomagno, gli mette una mano sulla testa. «Sei uno scemo, un picchiatore fascista!», urla al ministro della Difesa il «freelance». Ressa indescrivibile, tutti intorno al ring. Nessuno che guardi il premier che, laggiù, stringendo a sé la Polverini, trae la sua morale: «Questa è la sinistra con cui abbiamo a che fare». La Russa è ormai fuori controllo. «Portatelo via!», ordina Denis Verdini. Visto che c'è, Carlomagno approfitta per insultare pure lui: «Corrotto! Tira fuori i soldi...». «Hai le tue opinioni, se vuoi denunciami», è la risposta. Una denuncia per aggressione partirà, ma per il solo La Russa: «Mi ha dato due pugni sullo sterno», lamenta l'aggredito, al quale in serata, via blog, arriverà la solidarietà di Di Pietro.
E' finita, si esce tutti. Il Pdl emette un comunicato sul «finto giornalista», che ha ingannato gli addetti alla reception, sorprendentemente ospitali nonostante fatti di Milano, «presentando un tesserino tipo pass del Senato». Simpatizzava per il Pd, ora per i viola, frequenta il loro camper davanti a Montecitorio. Carlomagno ha partecipato persino alle primarie del centrosinistra a Bologna, quando vinse Guazzaloca, ed è noto per aver fatto perdere la pazienza a Pannella, oltre che a D'Alema e Violante. Fuori la claque Pdl gli grida: «Buffone! Buffone!». Sono gli stessi che stavano sul marciapiede quando è arrivato Berlusconi e sono cominciate le contestazioni, prima della conferenza stampa. Lassù, dalle finestre di quel palazzo, elettori di centrosinistra mostravano le agende rosse antimafia di Borsellino e una copia della Costituzione. Da sotto, i militanti Pdl rispondevano in coro: Al comunismo non passerà!». Una giornata no. Berlusconi ha fatto finta di niente mentre partivano forti i fischi e alcuni dipendenti del Teatro Quirino gettavano sulla stradale brochures del balletto Romeo e Giulietta.
© 2010 La Repubblica. Tutti i diritti riservati