
27/10/10
Il Riformista
La condanna a morte del numero due di Saddam Hussein, Tareq Aziz, ha scosso la comunità internazionale. Da Pechino, dove si trova per una visita di Stato, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il ministro degli Esteri Franco Frattini sostengono la posizione del capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, che ha definito «inaccettabile» la sentenza e ha annunciato che interverrà sulle autorità irachene affinché nel paese «cessi immediatamente l'utilizzo della pena capitale», e venga conseguentemente fermata la mano del boia su Tareq Aziz. Anche in Italia, la notizia ha suscitato uno sdegno bipartisan. Da Marco Pannella, impegnato da anni nella battaglia per l'abolizione della pena di morte nel mondo attraverso l'associazione "Nessuno Tocchi Caino", al sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica.
E dal 2 ottobre Marco Pannella è in sciopero della fame. «Per la verità, assieme a tutto il Partito radicale sto facendo questa battaglia specifica (sul caso di Tareq Aziz, ndr) da più di due anni - dichiara al Riformista Pannella - perché si sappia la verità su quanto accaduto nel marzo del 2003, quando la guerra fu scatenata proprio per impedire a Saddam Hussein di andare in esilio, come aveva già scelto di fare e, quindi, di far "scoppiare la Pace" in Iraq». «Oggi - continua Pannella - vogliono letteralmente strozzare la verità, per impedire che la bocca di Tareq Aziz possa parlare. Ma noi continuiamo e continueremo la nostra battaglia per Caino-Aziz».
Insomma, dietro alla sentenza del giudice curdo che già condannò a morte Saddam Hussein, ci sarebbe la mano sporca degli americani? «Non dico che gli americani sono cattivi o, viceversa, che i curdi sono buoni - dice Pannella - ma oggi occorre capire perché i militanti anti-Saddam si comportano proprio come Saddam. Voglio ribadire che il dittatore di Baghdad stava accettando l'esilio e Tony Blair e George W. Bush scatenarono la guerra per impedire lo scoppio della pace». Per quale motivo? «Per certo si sa che avevano 250mila soldati in Iraq e una complessa nota spese militare, che se la guerra non fosse scoppiata sarebbe rimasta inutilizzata».
Dallo sciopero della fame, Marco Pannella è passato da ieri anche allo sciopero della sete, per sensibilizzare la comunità internazionale e spronarla a intervenire sulla vicenda: «Il mio obiettivo è di far venire alla luce le cause per le quali Caino-Saddam è stato giustiziato, e come lui rischia la stessa sorte anche Caino-Aziz. E le cause risiedono nella guerra voluta dalla coppia "saddamita" Blair-Bush. Su questo è necessario fare luce, così la finiremo di assistere agli americani che nel mondo tappano le bocche di tanti Caino, ma anche di tanti Abele ».
La posizione di Pannella trova sponda anche nel governo. «Non credo nella pena di morte, quindi già di per sé l'idea che una persona possa essere condannata a morte lo trovo un atto di ingiustizia e non di giustizia», dichiara al Riformista il senatore Alfredo Mantica, sottosegretario agli Esteri. «Per quanto riguarda Tareq Aziz - continua - vorrei sottolineare che non è condannato né tanto meno riconosciuto colpevole per fatti di sangue. E quindi, ci troviamo chiaramente di fronte a una magistratura che vuole mettere sotto giudizio la storia. La condanna di Aziz è una condanna politica, per il ruolo che ha avuto e che, per quanto possa essere discutibile, rientrava nella logica del bene del suo paese all'epoca».
Tareq Aziz non era solo il vice di Saddam, ma anche un cristiano: «Sì, era l'esponente più importante della comunità cristiana caldea dell'Iraq. Non vorrei che nello scontro in atto tra sunniti e sciiti con una comunità cristiana che è sottoposta a fortissime pressioni, per non dire ad atti criminali, Aziz paghi come esponente di una minoranza che in questo momento è praticamente allo sbando in Iraq ed è sostanzialmente messa ai margini. Quindi, vedo nella condanna anche una componente etnico-religiosa che, peggio ancora, non giustifica la condanna a morte».
La sentenza contro il "volto presentabile" del regime del Raìs arriva dallo stesso giudice curdo che condannò Saddam Hussein: «Un continum senza senso e senza logica dice il sottosegretario Mantica - e apprezzo che a partire da Catherine Ashton i commenti siano fortemente negativi, per un atto che ha tutte le caratteristiche di una vendetta». Il governo italiano cosa può realmente fare per fermare l'esecuzione? «La strada della pressione diplomatica è quella principale - risponde Mantica - meglio ancora se concertata in sede europea, per avere un peso maggiore. Anche perché - conclude il sottosegretario - nessun paese al mondo può permettersi un isolamento, e men che meno l'Iraq di oggi, che deve davvero molto alla comunità internazionale».
© 2010 Il Riformista. Tutti i diritti riservati