
29/10/10
Terra
Continua la lotta contro il tempo per salvare la vita all'ex braccio destro di Saddam Hussein, Tareq Aziz, condannato all'impiccagione dall'Alto tribunale iracheno nel caso che, entro 30 giorni, i giudici non ne accolgano l'appello. E in Italia è approdata in Senato ieri la lettera firmata da una lista eterogenea di esponenti contrari alla pena di morte - Dini, D'Alia, Marini, Tonini e Bortone fra gli altri - messa insieme da Emma Bonino è seguito di un dibattito ospitato da Radio Radicale in occasione dello sciopero della sete che Marco Pannella ha intrapreso perché il governo italiano si attivi in difesa di Aziz, un uomo che, sostiene Pannella, «si vuole mettere a tacere perché sa troppo».
«Non può esservi impunità per i crimini compiuti dal deposto regime iracheno e i crimini di cui Tareq Aziz è imputato», si legge nella lettera di ieri; «ciò nonostante il sistema penale iracheno non può non tener conto dei principi fissati per i tribunali e le corti penali internazionali che escludono il ricorso alla pena di morte per crimini di guerra, genocidio e crimini contro l'umanità». Analisti iracheni come Ibrahim al Soumaidaei sottolineano la strana tempistica, che vede un uomo di 74 anni condannato all'impiccagione per aver perseguito un partito che, al momento, è nei guai fino al collo per le connivenze con l'esercito americano nei casi di tortura e repressione messi a nudo dai 400mila file classificati che Wikileaks ha pubblicato la settimana scorsa in rete.
Ma non c'è soltanto Wikileaks, ad abbreviare la vecchiaia di Tareq Aziz, che certo resta comunque il volto e il portavoce di un regime che si è macchiato di repressioni e pulizia etnica per due decenni di fila. Dichiarare una eventuale amnistia verso i gerarchi del vecchio regime siglerebbe la fine della carriera politica del premier provvisorio iracheno Nouri Al Maliki. Che, da sei mesi, lotta disperatamente per restare sul suo scranno. Al Maliki è leader di quel partito politico filo iraniano, Da'wa, che Tareq Aziz è oggi accusato di aver perseguitato negli anni Ottanta, e per giunta con il supporto americano, perché 30 anni fa lo scenario era un altro e Washington aveva bisogno di mettere Baghdad contro Teheran. Non soltanto. È anche un politico che si è espressamente fatto rappresentante e, in qualche modo, vendicatore di quello che gli sciiti hanno subito sotto Saddam servendosene più volte.
L'ultima, alla vigilia elezioni parlamentari di marzo quando si è fregiato della condanna a morte del cugino di Saddam, Alì il Chimico, sperando di incassare voti alle urne. Invece non ha vinto le elezioni, anzi ne è uscito a pari merito con la coalizione mista sciita, sunnita.. E, da sei mesi, fa di tutto per riuscire a riconquistarsi il premierato. Con scarsi risultati, e poca fiducia da parte degli iracheni.
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